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Michelangelo Antonioni

90 anni e mezzo secolo di cinema indagando sulla crisi dei sentimenti nella civiltà moderna.

Michelangelo Antonioni

12.04.2007 - Autore: Claudia Panichi
Il 29 settembre ricorre il compleanno di un maestro del cinema italiano ed internazionale, di un artista che ha saputo crescere indagando su terreni inesplorati, sull'ambiguità sentimentale, etica e culturale della società borghese italiana. Michelangelo Antonioni compie 90 anni, e noi, per questa felicissima ricorrenza, vogliamo raccontare in pillole la vita e le opere, chiavi di lettura di questo straordinario autore. Maestro incontrastato di un cinema- realtà, nato a Ferrara nel 1912, nei suoi primi 90 anni è stato dottore in economia e commercio, pittore, critico cinematografico, soggettista ma anche sceneggiatore, cineasta ardito, figura di rilievo della settima arte. E' stato se non il padre, l'esponente più decisivo di una regia moderna strutturata filmando i cosidetti "tempi morti", girando sequenze e inquadrature che un altro regista avrebbe tagliato in fase di montaggio. Ha inaugurato una cinematografia complessa, lenta e riflessiva, essenziale, limitando i dialoghi intellettualistici al limite del comprensibile. "Sento il bisogno di essere asciutto, di dire le cose il meno possibile, di usare i mezzi più semplici in minor numero possibile". Questo è stato il suo slogan, che perfettamente si abbina al suo cinema ermetico, mai d'intrattenimento, intellettuale, dalle nuove e moderne soluzioni narativo-stilistiche. Intransigente sul set, il terreno preferito del maestro ferrarese è il disagio esistenziale della società borghese italiana del quale opera uno studio approfondito sull' incomunicabilità e alienazione dei protagonisti. Questo disagio lo ha descritto ricorrendo soprattutto alle immagini, con lo straordinario rapporto che instaurava tra personaggi e spazio circostane. E il dialogo sembrava superfluo. Una carriera che lo ha visto collaborare con Marcel Carnè e Luchino Visconti, a cui sono seguiti i primi corti, datati 1943-47, sino a passare al battesimo del primo lungometraggio nel 1950 con "Cronaca di un Amore". La sua cinematografia è sempre stata volutamente libera da schemi e tendenze, scostandosi anche dalla corrente neorealista. Nel 1964 è Leone d'Oro con "Deserto Rosso", suo primo film a colori. E poi è susseguita una Palma d'Oro per "Blow Up" a Cannes. Con questo film fa un ulteriore salto: l'ambiguità non è soltanto umana e sentimentale, ma soprattutto sociale. Premio alla carriera a Cannes nel'82, Premio Cultura nel'87, insignito nel'95, anno del centenario del Cinematografo, del Premio Oscar alla carriera, nello stesso anno dà un'ennesima prova della sua forza quando, oramai su una sedia a rotelle dal1985, gira "Al di la delle nuvole"con Wim Wenders. Cosa dire ancora di un uomo che ha fatto della sua vita un'opera d'arte, riempendo di densità ogni film..E tutto si può racchiudere in una delle sue frasi più celebri: "Penso che gli uomini di cinema debbano sempre essere legati, come ispirazione, al loro tempo. Non tanto per esprimerlo nei suoi eventi più crudi e più tragici, quanto per raccoglierne le risonanze dentro di sé".