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Memorie di una geisha

Rob Marshall, il regista di Chicago, ci racconta una storia facile e accattivante che gira sugli irresistibili perni dell'antagonismo, dell'amore e della leggenda esotica

Memorie di una Geisha

12.04.2007 - Autore: Giulia Villoresi
Regia: Rob Marshall
Con: Ziyi Zhang, Ken Watanabe, Michelle Yeoh, Gong Li,

Una geisha non è una moglie e non è una prostituta. La parola gei in giapponese significa “arte”: la geisha è un’artista. Sa cantare, danzare, suonare e intrattenere brillanti conversazioni. Una geisha ride sempre alle battute dei suoi clienti, conosce l’arte di far frusciare il ventaglio e come nessuna altra donna sa compiacere un uomo del suo candido polso quando versa del tè. È per questo che in Giappone questa meravigliosa razza di donne si è mantenuta intatta nel tempo, ispirando leggende romanzi e sogni proibiti, soprattutto in Occidente.

Ed è proprio dalla penna di un occidentale, lo scrittore americano Arthur Golden, che nasce la storia di Sayuri. Il romanzo ha primeggiato per ben due anni tra i Best Sellers selezionati dal New York Times, ha venduto oltre quattro milioni di copie ed è stato tradotto in 32 lingue. I requisiti per farne un film di successo c’erano tutti, e i produttori Fisher e Wick lo hanno affidato a Rob Marshall, il regista di Chicago, sorprendentemente con scarsi risultati. La storia è facile e accattivante, gira sugli irresistibili perni dell’antagonismo, dell’amore e della leggenda esotica.

Memorie di una geisha ha inizio nel 1929, verso la fine dell’era dorata delle geishe. Una bambina giapponese con “gli occhi color della pioggia” viene venduta ad una okiya, ovvero ad una casa di geishe, dove verrà introdotta nel misterioso mondo di queste creature perfette, penetrandone i drammi, i segreti, le bellezze e le rivalità.

La piccola Chiyo (Ziyi Zhang) imparerà in fretta a vedersela con la terribile geisha Hatsumomo (Gong Li), imparerà l’arte e la raffinatezza dalla leggendaria Mameha (Michelle Yeoh) e scoprirà a sue spese che a una geisha non è permesso di amare.

Chiyo diventerà maiko (apprendista) e infine, con il nome di Sayuri, la geisha più desiderata e ricercata di Kyoto. Lì dove fallisce il soggetto, nei dialoghi ridicoli o quasi sempre retorici, nella trama ridondante, nel manicheismo di personaggi da cartone animato, non supplisce la regia, con fastidiose dissolvenze, fotografia accademica, fuoco fiamme e poca emozione. E il film dura ben due ore e venti.