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Lost in Translation

Sta per uscire nelle sale il secondo film di Sofia Coppola. Nel '99 sorprese tutti con "Il giardino delle vergini suicide"che fu presentato in anteprima mondiale al Festival di Cannes e le valse l'MTV Movie Award per il Miglior Regista Emergente.

Sofia Coppola

12.04.2007 - Autore: Giulia Villoresi
Come regista emergente Sofia Coppola diede alla luce un film di un certo coraggio, ovvero l’inspiegabile suicidio di cinque sorelle del Michigan. Un’incursione sotto l’apparenza, un racconto sull’adolescenza e i suoi lati più oscuri e morbosi. La tesi che Sofia proponeva in questo dramma così femminile sembrava suggerire la sua anima di sceneggiatrice e regista, ma il suo secondo film, ”Lost in Translation”, è di tutt’altro genere. Persino lei, alla domanda ”Quale relazione c’è tra i due film?” risponde quasi arrossendo: ”Veramente credo che non ci sia alcuna relazione. Sono due film completamente diversi”.   Bob Harris (Bill Murray) è una star del cinema americano ed è a Tokyo per girare la pubblicità di una marca di wisky. Charlotte (Scarlet Johansson) è una giovane donna al seguito del marito fotografo (Giovanni Ribisi). I due si conoscono per caso nel bar dell’hotel in cui alloggiano e uniti dalla comune insonnia e dalla profonda solitudine in cui li avvolge il frastuono psichedelico della città stringono una forte amicizia. Che sia stato il contesto paradossale o l’incontro di due anime affini poco importa perchè il loro rapporto è quanto mai reale, e Bob e Charlotte potranno sconfiggere, almeno per una settimana, il dramma dell’incomunicabilità. Un omaggio all’amicizia e alla città di Tokyo, luogo dove Sofia Coppola è stata molte volte e che da tempo immaginava come set di un suo film.   Laureata in Storia dell’arte al California Institute of the Arts è la figlia del grande regista Francis Ford Coppola, padrino del cinema elettronico. Ma Sofia, nonostante un esempio così ”ingombrante”, sembra che stia sviluppando una poetica del tutto personale e la scelta del film indipendente, quindi a budget limitato, per lei significa libertà creativa, una libertà a cui, a quanto dice, non rinuncerebbe mai. Libertà che le è valsa la nomination per l’”Indipendent Spirit Award”, quella che Bill Murray definisce scherzosamente la versione ”comunista” degli Oscar. ”Ma cosa ci vuole raccontare in questo film Sofia Coppola?” ”Volevo raccontare una storia di cameratismo, il punto di contatto tra due individui che seppure così diversi vivono entrambi un momento di crisi e trovano il modo per esorcizzare le loro paure e spartirle. Dopo Il Giardino delle Vergini Suicide avevo voglia di una storia meno triste.” E questo Sofia Coppola lo ha raccontato con una prospettiva delicata e piena di umorismo. Ancora non si sa quali siano i suoi progetti per il futuro, ma con ogni probabilità non deluderanno. ”È una delle registe più interessanti del momento” dice di lei Ross Kats, produttore di Lost in Translation ”e sono convinto che se ne accorgeranno in molti”.