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L'età dell'innocenza

An American Family, il primo reality della TV, diventa Cinema Verite. Il piccolo schermo riscopre se stesso su Sky Cinema.

Cinema Verite

06.12.2011 - Autore: Valeria Roscioni
“Nel 1973 l’America si ritirò dal Vietnam, la Corte Suprema emise la sentenza del caso Roe contro Wade e la PBS introdusse il primo reality”  così si apre Cinema Verite, con uno sguardo al Paese, al contesto, con un monito allo spettatore: tenere conto dell’epoca in cui il docu-drama è ambientato o abbandonare immediatamente lo show. Impossibile infatti apprezzare quest’opera di meta TV senza  contestualizzarla fino in fondo. Con An American Family, dieci puntate che raccontavano la vita di una famiglia filmata ventiquattro ore su ventiquattro, la televisione scrisse il primo capoverso di un nuovo capitolo del suo linguaggio: quello in cui lo spettatore diveniva, una volta per tutte, protagonista.

Raccontare, proprio sul piccolo schermo, tutto questo era una sfida in pieno stile HBO: ricostruzione storica fedele, sviluppo mai banale e un grande cast. Così la famiglia Loud ritorna in TV ma questa volta con i volti del premio Oscar Tim Robbins, nei panni del capofamiglia fedifrago Bill, e Diane Lane, convincente, e finalmente liberata dalla maschera smielata che spesso indossa, nella parte della madre Pat, una donna in cui gli anni Settanta si rispecchiano pienamente. Sua è la voglia di apparire su cui farà leva lo scaltro produttore Craig Gilbert, mirabilmente interpretato da James Gandolfini, sua l’ingenuità nel non comprendere a pieno il potenziale evolutivo e non dell’innovazione, sua persino la voglia di essere ancora donna e madre di altri tempi nonostante si veda costretta a fronteggiare con coraggio e una notevole apertura mentale un divorzio e un figlio gay in diretta TV.

Niente che un pubblico cresciuto a pane e Carramba che sorpresa misto a Grande Fratello non abbia mai visto. Ma quelli erano altri tempi e la TV che racconta sé stessa mettendosi in scena come protagonista merita un occhio di riguardo in più perché l’operazione può essere paragonata a quando al cinema un personaggio guarda in camera: è il momento di riflettere. La mano di Shari Springer Berman e Robert Pulcini gioca allora d’astuzia e inserisce tratti del programma originale riprendendoli mentre vengono trasmessi da uno schermo. Intanto, il racconto alla seconda immortala con una telecamera, e uno stile da real show, delle finte telecamere che, a loro volta, riprendono una vera finta famiglia che ripercorre le tracce di una storia realmente accaduta. Una storia che ha fatto la Storia.

Se questo non viene considerato, però, niente ha senso e la trama appare banale, quasi scontata, con colpi di scena destinati a non stravolgere perché noi tutto questo lo abbiamo già visto, lo vediamo quasi ogni giorno. È proprio la crudezza di tale notizia a colpire nel segno: ciò a cui assistiamo appare come ordinaria amministrazione perché noi, portatori sani del germe di una TV che nell’overolad di reality si è finta innovativa, vediamo andare in onda ogni giorno qualcosa che già faceva discutere negli anni Settanta.

Forse è il caso di girare un nuovo docu-drama, uno che all’inzio abbia la scritta: “Nel 2011 il mondo subì una fortissima battuta di arresto sotto ogni punto di vista e la TV trasmise il suo ultimo reality”.

L’appuntamento con Cinema Verite è stasera, 6 dicembre, su Sky Cinema 1  HD alle 21,10. 

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