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La mafia uccide solo d’estate - la recensione del primo episodio della serie TV

Pif questa volta è solo voce narrante della storia; ma la sua presenza è evidente in tutto il lavoro televisivo

La mafia uccide solo d'estate - La serie

La mafia uccide solo d'estate - La serie

15.11.2016 - Autore: Alessia Laudati (Nexta)
Lo spettatore che in La mafia uccide solo d’estate – La serie, crederà di trovare qualcosa di diametralmente opposto a ciò che il pubblico ha visto nel film omonimo, rischia di rimanere in parte sorpreso. La serie, che sarà trasmessa per sei serate a partire da lunedì 21 novembre su Rai 1 è infatti l’espressione in formato televisivo di quanto di meglio Pif ha fatto in questi anni rispetto al racconto della mafia. Vale la pena ricordare che il suo sguardo sulla complessità del tema è già riuscito a riprodursi molte volte e in diversi formati senza per questo perdere l’originalità di un racconto dolce e amaro allo stesso tempo. 

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I marchi più iconici del suo stile televisivo poi trasportato al cinema e poi di nuovo tornato in televisione, sono la prospettiva fanciullesca con la quale il regista si approccia a temi complessi come la storia criminalità organizzata, riuscendo in questo a parlare in profondità al bambino che è in noi. Perché non importa l’età anagrafica; di fronte a fenomeni così complessi e stratificati possiamo sentirci tutti novenni in cerca di semplificazioni. E La mafia uccide solo d’estate – La serie, anche se si tratta di un prodotto parzialmente ispirato al film e diretto da un regista che non è Pif, Luca Ribuoli, prosegue proprio su quella strada disincantata e civile che ha fatto di Pif un autore capace di costruire un format originale e talmente solido da poterlo adattare sia al cinema che alla TV. 
 
In La mafia uccide solo d’estate – La serie questo ragionamento è evidente più che mai. Persino la differenziazione della storia rispetto al film, quella di una famiglia che negli anni ’70 viene investita in prima persona dal fenomeno mafioso e cerca di reagire dalla nuova ‘normalità’ della propria esistenza, in fondo rappresenta più un allontanamento di ambienti che un vero tentativo di cambiare temi e stili già cari al film.



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La serie, con un cast di attori sopraffini, la cui storia professionale è già legata in parte al racconto audiovisivo del fenomeno mafioso come Claudio Gioè, Nino Frassica, Francesco Scianna, Anna Foglietta, guidati dalla voce over di Pif, ci mostra la quotidianità di una famiglia dove la mafia, mentre tutti tentano di vivere la propria vita, e il più piccolo Salvatore (Eduardo Buscetta), alter ego di Diliberto si innamora per la prima volta, entra a cambiare connotati, abitudini e riflessioni esistenziali di tutti.

Sbaglia però chi crede che questo significhi dare spazio a una narrazione esclusivamente drammatica. La mafia uccide solo d’estate – La serie replica con gusto quell’equilibrio tra realismo e sentimentalismo piffettiano necessario alla rappresentazione di una mafia ridicola, contraddittoria, e per questo forse infinitamente più fragile e maggiormente a portata di battaglia umana e civile. Convince quindi Pif quando riesce a replicare il suo stile anche in TV; del resto esso proprio per la TV è nato e fino a quando continuerà ad essere e rappresentare una prospettiva di racconto e non un vezzo usurato, il pubblico dimostrerà di guardarlo con piacere. E anche noi. 
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