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Il papà di Game of Thrones compie 70 anni, tutto quello che non sapevi su George R.R. Martin

Una carriera di alti e bassi, tra letteratura e televisione, fino al successo con Le cronache del ghiaccio e del fuoco

George R.R. Martin

19.09.2018 - Autore: Marco Triolo
George R.R. Martin, full-time nerd. Se pensate che leggere fumetti o amare i giochi di ruolo o scrivere racconti fantasy basti a definirvi tali, ripensateci. Perché il creatore di Game of Thrones ha fatto tutte queste cose simultaneamente, ed è persino appassionato di scacchi. “Avevo un paio di amici – ricorda Martin della sua infanzia – ma ero principalmente il ragazzino col naso nei libri”. Come direbbe Philip Seymour Hoffman in Quasi famosi, sono gli sfigati a vincere, alla fine. “I belli non hanno spina dorsale. La loro arte svanisce. Loro rimorchiano, ma i più forti siamo noi”.
 
Nel 1964 George R.R. Martin aveva 16 anni. Fu il primo a registrarsi per entrare nella prima convention dedicata ai fumetti organizzata a New York. Lui, un ragazzino originario di Bayonne, nel vicino New Jersey, aveva da tempo fatto dei supereroi Marvel i suoi amici immaginari preferiti. Lui, che viveva un'esistenza “tra la prima e la quinta strada”, aveva bisogno della fantasia per viaggiare. Le sue lettere erano già apparse nella posta dei primi numeri dei Fantastici Quattro e, con quelle lettere, stabilì i primi contatti che lo fecero entrare nel giro del fandom dell'epoca. In breve, iniziò a scrivere fan fiction dedicate ai suoi eroi preferiti e, nel 1965, vinse il premio Alley Award per la storia di supereroi in prosa “Powerman vs. The Blue Barrier”. Nella sua collezione di fumetti si contano il primo numero di “The Amazing Spider-Man” e di “Fantastic Four”.



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Quello stesso ragazzino compie ora 70 anni, e nel frattempo è diventato uno dei più celebri scrittori al mondo. È diventato anche molto ricco grazie al successo della saga “Le cronache del ghiaccio e del fuoco”, meglio conosciuta dagli spettatori televisivi come Game of Thrones. Una saga letteraria nata dalla sua passione per J.R.R. Tolkien (con cui condivide la doppia R nel nome) e la fiction storica. Scrivere fantasy, per Martin, significa scrivere fiction storica evitandone un problema insormontabile: “Sai sempre come andrà a finire”.
 
George R.R. Martin nasce il 20 settembre 1948 a Bayonne, New Jersey. Suo padre è per metà italiano, sua madre invece è di origine irlandese. Nelle sue vene scorre anche sangue francese, inglese, gallese e tedesco. La sua passione per la scrittura inizia molto presto. Da ragazzino, nota che le tartarughe che tiene in un castello giocattolo tendono a morire spesso, e inizia a scrivere storie fantastiche in cui le sue tartarughe popolano un regno mitico e si uccidono a vicenda in “complotti sinistri”. Il germe di Westeros e il suo ben noto gusto per le morti violente e improvvise dei suoi protagonisti sono già presenti.
 
Crescendo, George coltiva la passione per i fumetti, la letteratura, i giochi di ruolo e gli scacchi. Dopo una laurea in giornalismo nel 1970, inizia a pubblicare racconti ma fatica a pagare le bollette. Nel 1976 trova lavoro come professore di inglese e giornalismo alla Clarke University di Dubuque, Iowa. Ma la morte improvvisa di un amico e collega, Tom Reamy, lo spinge a mollare tutto per dedicarsi al sogno di diventare scrittore full-time. Nel 1979 si trasferisce a Santa Fe, New Mexico, ed è l'inizio di una nuova vita.



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Ma non è che da qui la strada per la fama fosse già spianata. Prima del successo di vendite anni '90, Martin attraversò diverse fasi della sua carriera. Prima abbandonando la scrittura di romanzi in favore della televisione: fu infatti tra gli sceneggiatori del revival di Ai confini della realtà, lavoro che gli aprì le porte della televisione anni '80. Scrisse poi Max Headroom, serie di fantascienza satirica chiusa dopo due stagioni, e divenne sceneggiatore e produttore della serie culto La bella e la bestia. Al film Misteriose forme di vita (1987, foto sopra), tratto dalla sua novella “Nightflyers” (da cui è stata tratta una nuova serie TV in arrivo), Martin attribuisce il salvataggio della sua carriera nei primi anni '80, danneggiata dall'insuccesso del romanzo “Armageddon Rag”.
 
Sono tanti gli alti e bassi di una carriera multimediale, caratterizzata da una lotta costante per rimanere a galla. Dimostrazione che non basta essere pubblicati o lavorare in televisione per diventare ricchi, come molti pensano. Negli anni '90, Martin torna infine alla letteratura, frustrato dai limiti dei budget televisivi, che lo costringevano spesso a tagliare personaggi e scene di battaglia dai suoi script, limitando la sua immaginazione. Un libro non ha invece problemi di budget, ed è con questa mentalità che Martin si imbarca nel suo progetto più ambizioso.



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Un progetto fantasy che evita i finali lieti (“Ho una sfiducia istintiva verso gli happy ending canonici”), che coltiva personaggi complessi e controversi (il suo preferito è Tyrion Lannister), che parla di sesso, politica e storia. Esaminando cose che, normalmente, la letteratura fantasy tralascia, come la rigida struttura multi-generazionale del sistema classista feudale. “Un sacco di romanzi fantasy, anche di grande livello, cadono nell'errore di assumere che un buon uomo sarà un buon re, che serva solo essere un essere umano decente e che, una volta diventato re, tutto il resto filerà liscio. Ovviamente non basta essere un uomo buono per essere un leader efficace, e non è mai bastato”.
 
Oggi, George R.R. Martin è spesso oggetto di una ironica persecuzione sulla rete, per via della lentezza con cui sta portando avanti la scrittura degli ultimi due romanzi de “Le cronache del ghiaccio e del fuoco”. “The Winds of Winter” e “A Dream of Spring” sono stati più volte rimandati, Game of Thrones li ha addirittura superati e gli autori della serie, David Benioff e D.B. Weiss, si sono dovuti inventare un finale con la sua benedizione. E lui è ancora lì, che si prende tutta la calma necessaria per finire bene il lavoro: ha già detto che “The Winds of Winter” non vedrà la luce nemmeno nel 2018. E, mentre attendiamo la stagione finale di Game of Thrones, non possiamo fare a meno di pensare che, in un modo o nell'altro, la sua più grande invenzione troverà una conclusione. E che, dopo tanta fatica, il diritto di scrivere senza fretta se lo è proprio meritato.