Essere o non essere

Lo studio di Paul Weston chiude. La HBO ufficializza infatti con rammarico la cancellazione di “In Treatment” al termine di una terza stagione che ha visto crollare consensi. La probabile causa dell’insuccesso è in parte imputabile alla nuova programmazione adottata. Se prima il canale, su rigorosa indicazione del format israeliano (Be 'Tipul) da cui la serie era stata generata, seguiva l’agenda dei pazienti con la trasmissione di un episodio al giorno dal lunedì al venerdì, nell’ultima stagione il network aveva scelto di mandare in onda lo show in due batterie: due episodi la domenica e tre il lunedì segnando un accumulo faticoso tra i diversi percorsi di analisi dei personaggi che aveva dissipato spettatori ad ogni passaggio. La definitiva doccia fredda è poi arrivata con la season finale, seguita da meno di 300mila persone che, anche dalle parti di una tv via cavo che premia la qualità senza imporre limiti commerciali, sono un numero troppo inconsistente perché si possa procedere a produrre nuove puntate.

Tuttavia la HBO vorrebbe preservare il ricco e vivo materiale narrativo di “In Treatment” e a tale scopo, insieme all’annuncio della cancellazione, ha smorzato i toni alludendo all’ipotesi di una risoluzione di pace attraverso l’avvio di trattative che permettano di continuare a raccontare le storie dei pazienti in forma differente.

Una mutazione i cui dettagli rimangono oscuri ma che segnerebbe una nuova rinascita dello show che già una volta aveva sfiorato i sigilli per le richieste esorbitanti del protagonista. Che stiano cercando di liberare il campo dal costoso dr. Garbiel Byrne in modo elegante e accorto? Oppure, in sintonia con la serie, il network esita a prendere una decisione definitiva prima di consultare un analista?

Ciò che appare evidente è che “In Treatment”, così come lo conoscevamo, non ci sarà più.

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