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Donne in serie

Belle, rassicuranti e sufficientemente remissive come negli anni Sessanta o virili ma spaventose come oggi. Le serie tv raccontano gli uomini e le loro paure guardando le donne.

Donne in serie

06.09.2011 - Autore: Giacomo Cannelli
Avete mai provato il Bechdel Test, meglio conosciuto come il Bechdel-Wallace Test? Si tratta una sorta di metodo per stabilire quanto attiva sia la presenza femminile all'interno di una serie televisiva o di un film. Per superare il test lo show televisivo deve rispettare i seguenti punti: 1) Deve includere almeno due donne…2) che hanno almeno un dialogo…3) a proposito di qualcosa che non sia un uomo o gli uomini. L'autrice del test, Alison Bechdel (fumettista di successo con “Lesbiche a cui fare attenzione”), è rimasta sorpresa di come il test, per quanto semplice, funzionasse a dovere, dimostrando come molto dell'intrattenimento mainstream non riesca a passare neanche i primi due punti. Ma c'è un'aria nuova nella televisione che ci apprestiamo a respirare nella prossima stagione. Un'aria buona per la presenza femminile? In parte sì, in parte no.

La prima presenza femminile che avrebbe dovuto fare ritorno sul piccolo schermo è l'eroina per eccellenza: Wonder Woman. La serie, reboot di quella interpretata da Lynda Carter tra il 1975 e il 1976, questa volta riscritta da David E. Kelley, consisteva in un misto di abiti succinti e curve mozzafiato del tutto lontano dallo spirito del fumetto creato da Moulton Marston nel 1941. L’NBC, annusando il rischio della messa in onda, ha poi però pensato bene di cancellarlo istantaneamente. A prescindere dal sonoro insuccesso dell’operazione, lo spunto per riflettere sui modelli femminili proposti rimane valido soprattutto se considerato in un più ampio contesto che investe molti altri progetti in via di realizzazione…

Altre due serie in arrivo quest'autunno registrano infatti una forte presenza femminile che non si può dire passi inosservata. Parliamo di Pan Am e The Playboy Club. Come è facile intuire dai titoli non siamo di fronte a serie dall'alto contenuto sociale. La prima, ambientata negli anni ’60, è incentrata su un gruppo di hostess della oramai scomparsa compagnia aerea Pan Am. Tra spionaggio, passioni, malizie e gelosie, lo scrittore Jack Orman (E.R.) e il regista Thomas Schlamme (The West Wing) sembrano voler replicare il successo retrò di Mad Men. Il secondo show, ambientato nello stesso periodo, tenta invece di ricostruire le atmosfere del primo Playboy Club presentandoci le sue "impiegate" soprannominate "Bunnies" (conigliette). Immediate le critiche piovute sulla NBC (che ha confermato la messa in onda questo settembre), accusata di sfruttare biecamente il successo di altre serie (ancora Mad Men) con l’uso aggravante di uno spudorato escamotage pornosoft. La risposta del network? "La fiction è una soap molto piacevole, con elementi crime e pensiamo sia lo spettacolo giusto che dovevamo proporre". Lo spettacolo giusto è una definizione propria… A pensarci bene è infatti possibile evidenziare una coincidenza tra l’affermazione della donna alpha, sempre più efficiente, autonoma e devirilizzante, e il riemergere di nostalgie retrò espresse nella moda e nell’intrattenimento attraverso il ritratto di donne eleganti e “dignitosamente” sottomesse.

Un articolo pubblicato qualche mese fa sulle pagine del New York Times stigmatizzava il fenomeno (almeno quello televisivo) dando finalmente un nome alle cose e catalogando la faccenda alla voce “Sindrome Hendricks”, identificabile in quell’innocente ma contagioso entusiasmo che ha investito il pubblico maschile alla vista di Christina Hendricks, l’esplosiva Joan Holloway della serie Mad Men. Bella, rassicurante, sollecita, intuitiva, silenziosa e capace di anticipare desideri e necessità degli uomini. Niente di pericoloso o offensivo, solo una fantasia capace di placare le ansie e le paure maschili di fronte alla minaccia femminile, inasprita dalle insicurezze generate dal protrarsi della crisi economica mondiale.

In questa stessa materia affondano le mani altre due serie che, sfilandosi dal fascino retrò, affrontano il medesimo tema in modo curiosamente inverso. Tim Allen dopo aver per anni interpretato la parte del maestro del bricolage in Quell’uragano di papà (Home Improvement), ritorna infatti alla Abc con Last Man Standing in cui interpreta un macho vecchia maniera che si rende conto che il mondo intorno a lui non è più un mondo per uomini. In una famiglia fatta di sole donne, il poverino sarà costretto a "imparare" a rispettare il loro ruolo e ad ascoltare il loro punto di vista. In Work It invece, due ragazzi, non riuscendo a trovare lavoro come uomini, decidono di travestirsi da donna. Il travestimento funziona e i due vengono assunti come informatori farmaceutici. Un po' come era successo al personaggio di Dustin Hoffman in Tootsie, calarsi nei panni dell'altro sesso aiuterà i due protagonisti a conoscere meglio il mondo femminile e chissà a diventare due uomini migliori. La serie, targata sempre Abc, dovrebbe andare in onda in apertura di Midseason nel 2012.

Da una parte insomma il rimpianto per la figura femminile anni ’60, dall'altra il timore per la parità sessuale che ossessiona a tal punto l’uomo da spingerlo a imitare la donna fino a mettersi letteralmente nei suoi panni. Sull’attività della presenza femminile Alison Bechdel non avrebbe nulla da lamentare, ma forse bisognerebbe iniziare a preoccuparsi per gli uomini…