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Un uragano d'amore

Richard Gere è intelligente, appassionato ed estremamente disponibile. Abbiamo parlato con lui delle sue battaglie umanitarie, dell'ammirazione senza limiti per il Dalai Lama e dell'amore per la moglie, l'attrice e modella Carey Lowell.

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17.12.2008 - Autore: Pierpaolo Festa
Nella mi vita ci sono stati due eventi molto importanti, il primo è stato avere la grandissima e incredibile fortuna di conoscere il Dalai Lama. Una vera epifania! E poi trovare mia moglie, nel momento in cui ci siamo incontrati, tutto ha avuto senso anche dal punto di vista spirituale. È una persona mistica, a me speculare, e rispetta tantissimo la mia fede” – è Richard Gere a parlare, l’eterno sex symbol del cinema, il 59enne che più invecchia, più ringiovanisce nello spirito… “Ma in realtà io ne ho solo 39!” – scherza l’attore.

Non è una novità che quando è lontano dal set, Gere si dedichi soprattutto ad aiutare il prossimo, finanziando diversi progetti umanitari: “Sono quelli tangibili i più importanti – afferma Gere - cioè quelli che possono concretamente fare la differenza. Ne ho visti tanti andare in fumo in pochissimo tempo. Tanti anni fa un mio maestro mi chiese di cominciare un Health Program. L’ho realizzato e ci abbiamo lavorato… ma non ho potuto fare abbastanza. Adesso ho creato un Health Insurance Program per i rifugiati: 2 euro l’anno possono coprire tantissime spese per le attrezzature mediche. Al momento stiamo aiutando circa 10.000 persone e cercheremo di farle diventare presto 100.000”.

A livello artistico è inevitabile chiedergli se il buddismo gli abbia aperto gli occhi anche riguardo alle sua scelte d’attore: “Non è che ho preso un corso in buddismo e recitazione! Il buddismo è meditazione, cambia le fondamenta di ciò che sei e le espande. Quindi tutto ciò che fai cambia, anche il tuo lavoro”. L’attore torna il più possibile a parlare di colui che gli ha cambiato la vita: “Vi basta guardare il Dalai Lama per poter dire che si tratta dell'essere umano più pacifico e genuino del nostro pianeta. Una persona devota all'amore puro”, e a proposito della Cina dice: “Recentemente ho interpretato un spot molto particolare in cui raggiungo in macchina le strade innevate del Tibet e  incontro un gruppo di piccoli monaci buddisti. Penso che finalmente mi abbiano utilizzato nel modo giusto. Non si tratta assolutamente di politica, non è contro la Cina. Penso che mostri quanto siano magnifiche queste persone”. E quando gli chiediamo del trend hollywoodiano di realizzare i film in Cina, l’attore ci interrompe: “Anche io ho fatto “L’angolo Rosso” e posso dire di essere stato uno dei primi a girare in Cina. Sapete, quand’ero lì i poliziotti della dogana mi dovevano perquisire, eppure c’è stato qualcuno che mi ha sussurrato all’orecchio, chiedendomi un autografo!”.
 
Al cinema Gere è ancora un principe azzurro, altre volte sceglie ruoli più impegnati: “Non ho mai pianificato la mia carriera... se lo avessi fatto, probabilmente ne avrei avuto una migliore! Prendo quello che mi viene, le cose più interessanti. Certamente non mi piace più interpretare film violenti. Come spettatore, invece, ho lo stesso atteggiamento: a volte litigo con mia moglie, perché voglio vedere film d'autore sottotitolati, altre volte grandi blockbuster...” . Esiste un’icona cinematografica che ha ispirato Richard Gere? "Non ne ho una in particolare... ricordo, però, che quando ho fatto American Gigolò avevo pochissimo tempo per prepararmi. E allora mi hanno fatto guardare Delitto in pieno sole con Alain Delon: sono certo che una parte di lui è finita nella mia performance in quel film".

Gere arriverà sugli schermi da questo venerdì in “Come un uragano” la pellicola che vi riscalderà il cuore durante queste feste: “Nel film ci sono un uomo e una donna adulti, persone responsabili che sono in crisi e si ritrovano allo stesso livello, costretti a guardarsi dentro per vedere se sono felici e se in passato hanno fatto la scelta giusta che li ha condotti fin qui. Questo lo trovo interessante. Non siamo davanti ad una vicenda alla Tolstoj, questa è una storia molto semplice. Non volevamo che i personaggi fossero impenetrabili per lo spettatore. Ci siamo lasciati andare con grande naturalezza”.

 

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