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Top Five: le notti di luna piena

In occasione dell'uscita di "Wolfman", ripercorriamo la storia dei licantropi al cinema, con cinque titoli che hanno lasciato indelebile l'impronta delle loro zanne!

The Wolfman

22.02.2010 - Autore: Marco Triolo
Licantropia (dal greco “lykos”, lupo, e “anthropos”, uomo): anomalia del comportamento di solito associata a una forma di isteria, per la quale il malato si ritiene mutato in lupo e ne imita gli ululati, l’andatura a quattro zampe, ecc.”.

Secondo la scienza psichiatrica, la licantropia è uno stato ben determinato della mente umana causato da una forma di schizofrenia, disordine bipolare o depressione. Secondo la letteratura e la tradizione, non solo europea, è tutta un’altra storia, fatta di uomini che si tramutano in lupi nelle notti di luna piena e possono o meno essere uccisi da un’arma d’argento.

Il cinema non poteva esimersi dall’attingere a piene mani da un così allettante bagaglio culturale, e nel suo secolo di vita ha sfornato tantissimi film ispirati alle leggende dei licantropi, l’ultimo dei quali sta per invadere le nostre sale in “Wolfman” di Joe Johnston, remake del classico di George Waggner. Ripercorriamo dunque la storia del genere “mannaro”, attraverso cinque film che l’hanno segnato indelebilmente.


5. Dog Soldiers” (2002) di Neil Marshall

Dog soldiers

Nelle Highland scozzesi, dei soldati impegnati in una semplice esercitazione finiscono preda di un branco di licantropi, che li assediano in un casolare abbandonato. Neil Marshall, prima del geniale “The Descent”, racconta dei mostri ben più classici con pochi soldi ma grande senso del ritmo e dell’atmosfera. Prendendo spunti soprattutto da “Aliens” e “La notte dei morti viventi”, e senza rinunciare a un tocco di humor nero, Marshall tiene incollati e sa omaggiare a destra e a manca, senza mai cadere nel cliché.
La trasformazione: non ce n’è una vera, dato il budget ristretto. Ma il regista risolve in maniera impeccabile con un teso fuori campo, tra grugniti e ruggiti poco rassicuranti.


4. “Voglia di vincere” (1985) di Rod Daniel

Voglia di vincere

Chi non ricorda la storia di Scott Howard (da noi Marty), il teenager mannaro interpretato dal mitico Michael J. Fox? Il secondo caso di adolescente-lupo (dopo “I Was a Teenage Werewolf”), e il primo ad abbracciare totalmente il linguaggio della commedia, “Teen Wolf” ha segnato gli anni ’80 e costituisce il secondo ruolo di culto per Fox. La morale è un po’ quella che è – per vincere nella vita basta essere se stessi – ma le scene in cui Scott impara a gestire la sua “condizione” ereditaria e da nerd diventa il numero uno della scuola, sono entrate nella leggenda. Cioè, come si può non amare un licantropo che fa surf su un furgone al suono dei Beach Boys? Scritto da Jeph Loeb, che molto tempo dopo sarebbe diventato un grande autore di fumetti, nonché sceneggiatore di “Heroes” e “Lost”.
La trasformazione
: risolta con un rapido montaggio e poche protesi di lattice comprate nella drogheria sotto casa. Ma tanto non è questo il bello del film.


3. “L’ululato” (1981) di Joe Dante

L'ululato

La più lunga saga di licantropi cinematografici (sette capitoli, l’ultimo dei quali uscirà nel 2010) inizia nel 1981 per mano di Joe Dante, che dirige questo film traendolo da un romanzo di Gary Brandner. Una storia altamente orrorifica ma anche ironica, che gioca con i luoghi comuni dell’horror, ribaltando totalmente la prospettiva dello spettatore. L’ambientazione in una colonia per pazienti sottoposti a traumi psicologici ha fatto storia, così come quella scena madre in cui tutti si trasformano in lupi mannari. Dante sparge mille riferimenti e citazioni, come i nomi dei personaggi (George Waggner, Terence Fisher) ispirati a quelli di registi che hanno realizzato film sui licantropi, e i cameo dello sceneggiatore John Sayles e di Roger Corman.
La trasformazione:
una delle più grandi. Gli effetti visivi di Rob Bottin fanno a gara con quelli di Rick Baker nel mostrare la trasformazione completamente “in diretta”. Per quanto ci riguarda, vince Rick Baker (vedi sotto), ma anche Bottin si batte benone!


2. “L’uomo lupo” (1941) di George Waggner

L'uomo Lupo

Uno dei classici assoluti della Universal, un mostro entrato nel mito del cinema soprattutto grazie a Lon Chaney Jr., che interpreta il suo Larry Talbot come un uomo tormentato e incapace di tenere a bada il suo lato animale. Il film si fa così metafora della condizione umana, divisa tra il lato positivo, civile, e una parte più oscura e animalesca che ci spinge a uccidere i nostri simili. Intorno a Chaney, altri grandi del cinema di genere americano di quegli anni fanno la loro comparsata: Claude Rains (“L’uomo invisibile”) è Sir John Talbot, mentre Bela Lugosi (“Dracula”) è lo zingaro Bela, il primo uomo lupo. Pochi set (oltre la cittadina e gli interni della tenuta Talbot, c’è una foresta costantemente avvolta dalla nebbia), ma grande gusto e atmosfera ancora oggi intatti.
La trasformazione: un ingegnoso uso della dissolvenza incrociata permette di riprendere la mutazione di Talbot in tempo reale, ma l’effetto è inevitabilmente invecchiato. Il fascino rimane, però.


Squillino le trombe, rullino i tamburi…


1. “Un lupo mannaro americano a Londra” (1981) di John Landis

Un lupo mannaro americano a Londra

Eccoci arrivati al numero uno: e chi altri ci poteva stare sul podio? “Un lupo mannaro americano a Londra” è un capolavoro, un mix senza precedenti di orrore e humor che ha segnato un nuovo percorso nel genere. La storia è in parte ispirata a “L’uomo lupo”, anche qui c’è un ragazzo che viene morso da un licantropo e quindi diviene preda di una maledizione che lo spinge a uccidere nelle notti di luna piena. Il vero punto di contatto tra questo e il film di Waggner è però la risoluzione: solo chi ama l’uomo che si cela dentro la bestia potrà avere la meglio su di essa. Tutto è geniale: la sequenza in cui David parla con gli spiriti delle sue vittime in un cinema porno a Piccadilly, la “caccia” notturna nella metropolitana, gli incubi di David, la colonna sonora composta esclusivamente di pezzi sul tema della luna (“Blue Moon”, “Bad Moon Rising”).
La trasformazione:
in assoluto, la migliore mai vista al cinema. Rick Baker superò se stesso, sviluppando una serie di protesi espandibili che permisero a John Landis di riprendere la scena praticamente dal vivo. Tanto che l’Academy dovette inventarsi un Oscar (per il “miglior trucco”) solo per premiare Baker. Se non è leggenda questa…
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