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Top Five: A mano armata

Sirene spiegate, caricatori pronti a vomitare fiumi di cartucce, sguardi truci, infami e madame: ecco il cinema banditesco all'italiana in cinque pellicole fondamentali

Milano odia: la polizia non può sparare - Locandina

19.01.2011 - Autore: Marco "Superfly TNT" Triolo
Brutali assassini, rapinatori senza scrupoli, violenti: eppure, così tremendamente irresistibili. Sono i banditi della stagione d'oro del cinema poliziesco italiano, che ora rivivono grazie a Michele Placido e al suo ultimo film, dedicato alla figura ambigua e carismatica di Renato Vallanzasca, il “bel René” del crimine italiano. Senza nulla togliere a “Vallanzasca – Gli angeli del male”, la pellicola (di cui trovate qui la recensione) ci ha fatto venire in mente cinque titoli che hanno giocato un ruolo fondamentale nella definizione del filone banditesco. Li abbiamo così riuniti per voi in una Top Five a mano armata, che va da Carlo Lizzani a Umberto Lenzi, toccando l'intramontabile icona Tomas Milian.

Helmut Berger è La belva col mitra

5. “La belva col mitra”
Liberamente ispirato alla figura di Vallanzasca, La belva col mitra” di Sergio Grieco è un cult amato anche da Tarantino, che ne ha inserito alcune sequenze in “Jackie Brown. Si racconta di Nanni Vitali (Helmut Berger), gangster evaso dal carcere che riunisce la banda per regolare tutti i conti in sospeso. Sulla sua strada si pone il commissario baffuto d'ordinanza (Richard Harrison), di cui Vitali rapisce la famiglia. Affondi di violenza, inseguimenti, duelli e musiche di Umberto Smaila: un piatto ricco per tutti gli appassionati di b-movies all'italiana.

Gérard Blain, protagonista de Il gobbo

4. “Il gobbo”
Come scoprirete più sotto, Carlo Lizzani è l'unico regista ad apparire due volte in questa nostra classifica. Il motivo è semplice: nessuno sapeva raccontare i banditi come lui. “Il gobbo”, storia vera di un ex partigiano diventato fuorilegge col soprannome di “Gobbo del Quarticciolo”, è un film del 1960, dunque precede di molto tutto il carrozzone del poliziesco all'italiana. Eppure ne anticipa alcuni temi, a partire dal protagonista, che regna nel sottobosco criminale, ma che è un personaggio carismatico e dalla psicologia più sfaccettata di quello che sembrerebbe. E poi c'è il commissario rivale, Moretti (Ivo Garrani), un fascista che è anche padre della donna da lui amata. Umberto Lenzi, Dardano Sacchetti e Tomas Milian guardarono a questo film per ideare il Gobbo di “Roma a mano armata”, antesignano di Monnezza.

Don Backy in Cani arrabbiati

3. “Cani arrabbiati”
Mario Bava non era uno che frequentava spesso il poliziesco, ma quando si decise a dire la sua la disse con forza e decisione. Al punto che, ancora oggi, “Cani arrabbiati” (alias “Semaforo rosso”) è un pugno nello stomaco mica da scherzo. Tutto ambientato all'interno di un'auto, con la quale una banda di malviventi attraversa l'Italia dopo averne sequestrato gli occupanti, il film è una lezione di tensione e violenza girata con mano ferma, nonché un testamento della grande abilità di Bava con la macchina da presa. Tarantino e company hanno preso nota. Da segnalare la grande performance del cantante Don Backy, anche in “Banditi a Milano”.

Gian Maria Volonté in Banditi a Milano

2. “Banditi a Milano”
Carlo Lizzani ci sapeva fare, quando si trattava di dirigere la cronaca nera come fosse un action movie degno dei prodotti americani coetanei. Il regista si ispirò al terribile crimine della banda Cavallero, che il 25 settembre 1967 tenne in scacco Milano per un giorno intero, terrorizzando la cittadinanza dopo una rapina efferata. Banditi a Milano”, perdonate il tecnicismo, spacca: spacca per come è diretta l'azione, spacca per l'efferatezza che farebbe impallidire qualunque spettatore di fiction di Rai Uno. Spacca per le interpretazioni di Gian Maria Volonté, Ray Lovelock, Don Backy e, ovviamente, Tomas Milian. Di fronte a tutto questo bendiddio non possiamo che inchinarci e dire “grazie”.

Tomas Milian è Giulio Sacchi

1. “Milano odia: la polizia non può sparare”
Cult assoluto del poliziottesco, di cui rappresenta uno degli esiti migliori, “Milano odia” è anche il film più riuscito di Umberto Lenzi. Per l'occasione, il regista si è valso di un Tomas Milian in stato di grazia, che smette i panni del borgataro spaccone per indossare quelli di Giulio Sacchi, belva assetata di sangue che non si ferma davanti a nulla per incassare i soldi di un riscatto. Un paio di sequenze da brivido (come quella in cui il trio di rapitori massacra una famiglia sotto l'influsso delle droghe) e una colonna sonora memorabile (di Ennio Morricone) fanno di questo film un'opera di grande impatto psicologico, anche se discutibile nelle ideologie, rappresentate da un commissario (la faccia di cuoio Henry Silva) un po' fascistello.

Per saperne di più
La recensione di Vallanzasca
Il trailer del film
Michele Placido parla del film
Foto: le star al Festival di Venezia