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The Kingdom

Il ritmo del montaggio e la fotografia strepitosa contribuiscono a rendere questo "The Kingdom" una pellicola la cui confezione risulta ineccepibile.

The Kingdom

26.11.2007 - Autore: Adriano Ercolani
In seguito ad un tremendo attentato terroristico alla comunità americana in Arabia Saudita, un gruppo di agenti scelti dell’ F.B.I. si reca nel luogo per scoprire il più in fretta possibile i mandanti della strage. Comandati dall’agente Ronald Fleury (Jamie Foxx), i componenti della squadra si troveranno di fronte ad un muro di omertà e ad un clima esplicitamente ostile, che produrrà notevoli ostacoli nello sviluppo delle indagini.

Alla radice di questo progetto cinematografico c’era il grande Michael Mann, che dopo aver abbandonato l’idea di dirigerlo è rimasto in veste di produttore. A livello puramente estetico il cinema di Mann però si fa sentire, eccome: Peter Berg, che ha lavorato con lui come attore in “Collateral” (id., 2004), dimostra di aver recepito con dovizia la sua lezione cinematografica, e costruisce un thriller le cui scene d’azione sono veramente funzionali nel loro realismo. Il ritmo del montaggio e la fotografia strepitosa dell’italiano Mauro Fiore contribuiscono a rendere questo “The Kingdom” una pellicola la cui confezione risulta ineccepibile.

Anche il nutrito cast di star è molto ben amalgamato, e se Jamie Foxx continua a dimostrare notevole carisma, le sorprese in positivo arrivano da Jason Bateman e Jennifer Garner.
Quello che però rende il film di Berg un qualcosa che probabilmente non verrà ricordato negli anni è la sceneggiatura, che ci regala una serie di situazioni eccessivamente abusate ed una retorica guerrafondaia di cui sinceramente proprio non sentivamo il bisogno. Se anche i sottotesti a dir poco conservatori non fossero bastati a rivelare il messaggio che Berg & co. volevano far passare, ci pensa un finale sconcertante ad esplicitare in pieno l’anima di questa pellicola, con cui non possiamo trovarci in accordo. La responsabilità del cineasta e di quanti hanno preso parte al progetto, nell’aver accettato di lavorare ad un film che propone simili contenuti, è una questione che non va sottovalutata.

Formalmente straordinario, “The Kingdom” viene rovinato da una storia bieca, che fa della vendetta il motore primario. Dal momento che nel giudicare un lungometraggio non sempre è possibile scindere la forma dal contenuto, è impossibile entusiasmarsi di fronte all’opera di Berg, regista che ha dimostrato di avere un notevole senso del cinema ed un altrettanto disdicevole propensione a proporre un messaggio politico e sociologico aberrante.
Un conto è voler mettere il pubblico di fronte ad un messaggio che con la sua ambiguità possa anche dare apertura al dibattito ed al confronto. Tutt’altra cosa è adoperare la macchina spettacolare hollywoodiana per fare propaganda.