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Match point

Per la prima volta da molti anni a questa parte Woody Allen abbandona New York per Londra non solo nel setting, ma anche nel tono del film, estraendo dalla valigia una costruzione classica di grande eleganza

Match Point

12.04.2007 - Autore: Claudio Moretti
Quello di Woody Allen non è semplicemente un ritorno, ma è un vero e proprio colpo di scena che spiazza nettamente la tendenza recente della sua carriera. Non si era vista una virata così vitale dai tempi in cui Robert Altman non fece “The Player”. Per la prima volta da molti anni a questa parte Allen abbandona New York per Londra non solo nel setting, ma anche nel tono del film. Ma soprattutto all’attore protagonista Jonathan Rhys Meyers non è richiesto di dar nuova vita a tutti i tic dell’ansia cari alla mimica alleniana. Match Point non ha a che fare con le nevrosi. E’ semplicemente il melodramma di un adulterio capace di intrattenere il pubblico. 

Un mediocre giocatore irlandese di tennis (l’attore Meyer, invece, è del tutto incapace con la racchetta in mano e privo di qualsivoglia credibilità come ex-tennista e maestro), appena ritirato dal circuito arriva a Londra e inizia ad insegnare in un club. Un suo allievo lo introduce in una ricca famiglia inglese. Sposa la sorella e si ritrova arrampicatore sociale senza neanche doversi dannare troppo. Prende quel che viene. E viene una vita nuova. Un lavoro importante e l’autista. Uno scambio a ping-pong con Scarlett Johansson è il galeotto cambio di registro. Lei soffia sul castello che Meyer si era creato e ne rivela la consistenza di sabbia.

Perse le intuizioni comiche fulminanti degli anni giovanili (un piccolo gioiello tuttavia la scena finale con i due poliziotti), Allen estrae dalla valigia del regista consumato una costruzione classica di grande eleganza. Nel nuovo film il tennis innesca la vicenda ma si fa presto da parte. Allen pensa soprattutto alla drammaturgia della vicenda. Prende dai romanzi di fine ‘800 (Henry James, Le ali della colomba) una tipica ascesa sociale: la differenza di classe, un matrimonio quasi inevitabile finchè il desiderio non straripa in compulsione la passione adultera. Calibra le linee narrative e lo sviluppo dei personaggi con il misurino dello sceneggiatore vecchia scuola. Scarlett ci mette la sua voce, ruvida e dolce allo stesso tempo, il corpo sexy e tutto il resto. E’ la donna fatale, che ben presto si scopre però fragile e sola, attrice scalcagnata e femmina abbandonata da due uomini.

Stavolta il comedian fa un passo indietro e nonostante ci sia di mezzo il tennis limita al minimo le battute. Ne vien fuori un bel film che nasconde la firma di Allen, almeno per in non “allenologi”. Agli altri basteranno un paio di cene con annesse chiacchiere sul senso della vita o un paio di appuntamenti a teatro, per ritrovare le classiche situazioni alla Woody. Molti rivedranno pure alcune ossessioni sul delitto senza castigo già presenti nel suo capolavoro Crimini e Misfatti. Tuttavia stavolta il tema di fondo è quello della fortuna. “Preferirei essere fortunato piuttosto che buono”, dice Chris, il tennista irlandese, all’inizio del film. Nel frattempo vediamo una pallina da tennis che colpisce il nastro della rete. Il mondo si ferma per un attimo: la pallina è sospesa tra una metà campo e l’altra; il lato da cui la fortuna deciderà di cadere potrebbe sentenziare sull’esito della partita. Esattamente come per la vita di Chris.