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L'utopia di Sean Penn

Tratto dall'omonimo romanzo di John Krakauer, "Into the wild" è un'opera piena di sincerità vibrante, e di pura bellezza cinematografica.

Into the Wild

24.10.2007 - Autore: Adriano Ercolani
In una Festa del Cinema che fino ad ora ha riservato ben poche sorprese, ecco finalmente il primo film di valore assoluto, che difficilmente può essere attaccato in alcun aspetto della sua realizzazione. Si tratta del sincero e commovente "Into the Wild", quarta prova da regista di Sean Penn, il quale torna dietro la macchina da presa a sei anni di distanza dall'intenso "La promessa" (The Pledge, 2001). E proprio con la sua ultima fatica questo nuovo lungometraggio ha molto in comune: prima di tutto la tematica principale, che si esplicita nella ricerca costante e radicale di  un senso alla propria esistenza. In secondo luogo la vicinanza è più propriamente cinematografica, e si muove verso una ricerca estetica che fa del cinema americano degli anni '70 il suo referente principale. La libertà con cui Penn continua a realizzare il suo cinema sempre personale è per molti versi "figlia" di quel periodo storico, e questa sua grande pellicola lo conferma in pieno.

"Into the Wild" è un film sull'utopia, ma possiede la lucidità necessaria e spiazzante per riconoscerne i limiti ed in un certo senso l'anacronismo. Quello che quindi colpisce in maniera ancora più toccante è il fatto che il regista e tutti coloro che hanno partecipato a quest'avventura sembrano sapere benissimo la sua essenza illusoria, ma scelgono comunque di mostrarne la portata umana vastissima, ed insieme la sua fragilità. Diretto e montato con un'ampiezza di veduta che a tratti travolge, il lungometraggio si poggia poi sulle spalle di Emile Hirsch, un attore di giovane età che dimostra già un talento pienamente espresso, ed aderisce con una fisicità ed un'intensità al proprio ruolo capaci di lasciare senza parole. Accanto a lui, una schiera di comprimari di straordinaria partecipazione come Katherine Keener, William Hurt, Marcia Gay Harden, Vince Vaughn, il grande Hal Holbrook ed una bellissima e struggente Kristen Stewart.

Tratto dall’omonimo romanzo di John Krakauer, che riprende l’esperienza di vita del vero Christopher McCandless, il film di Sena Penn è un’opera piena di sincerità vibrante, e di pura bellezza cinematografica. Ancora una volta l’autore si dimostra un cineasta dalla sensibilità sorprendete, non scontata, e dalle capacità filmiche preziose.

Tradurre in immagini una storia ed una vicenda personale così particolari era un’impresa già di per sé rischiosa, e Penn c’è riuscito appoggiandosi ad un modo di fare cinema forse antico ma al tempo stesso garante di estrema libertà artistica. “Into the Wild” è un lungometraggio magnifico, libero, audace: un film che costringe lo spettatore a fare i conti non solo con quello che sta vedendo, ma anche con la propria visione del mondo.
Lo spirito del cinema più sincero ed in qualche modo iconoclasta di molto tempo fa viene preservato e riproposto con amore in questo doloroso ma appassionato atto di poesia applicata al cinema.