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L’abbiamo fatta grossa – La nostra recensione

Carlo Verdone e Antonio Albanese nuova coppia comica in un noir ‘romanaccio’

L'abbiamo fatta grossa

28.01.2016 - Autore: Alessia Laudati (Nexta)
Cercando di mettere velocemente da parte quella sorte di nube di amorevolezza che quando si parla di Carlo Verdone fa quasi da velo alla capacità di valutare un film come singolo lavoro, una cosa tuttavia è possibile dirla fin da subito: L’abbiamo fatta grossa è un buon film. La commedia noir che Verdone dirige e che lo vede protagonista nei panni di un detective in crisi di portafoglio - per la prima volta insieme a Antonio Albanese - possiede più di qualche buona intuizione e soprattutto la sicurezza di poter rimediare alle fragilità di sceneggiatura attraverso il tradizionale ma sempre riuscito armadio gestuale e narrativo dell’attore romano. 
 
Tra le particolarità di L’abbiamo fatta grossa è possibile per esempio annoverare l’ambientazione noir – in questo caso l’avventura di un mistero da risolvere tira in ballo criminali di quartiere, attori caratteristi ed equivoci irriverenti - congiuntamente al buon ritmo comico trovato con il comprimario Antonio Albanese. Dove la recitazione di Verdone è infatti trattenuta ma sempre pietosamente malinconica, quella dell’attore lombardo è enfatica, surreale e comunque posseduta da un filo di drammaticità condivisa fino in fondo con lo stile di stare in scena del Verdone nazionale.
Due modi diversi di dire la stessa cosa insomma, che in questo film si sorreggono e si nutrono reciprocamente sullo sfondo di una Roma inedita, meno metropolitana e che respira invece più a ritmo di borgo e alla quale fa gola persino riscoprire i luoghi ‘notturni’ della città.
 
Convince quindi l’idea del regista capitolino di misurarsi con una storia nuova e con un genere avventuroso e insieme comico, dando spazio anche a un insolito esercito di caratteristi e sottotrame parallele.

Però di fondo rimane il dubbio se scelta di misurarsi con il noir e di abbandonare quindi la commedia di satira sociale dura e pura – che compare solo nel finale che strappa uno di quei momenti dove ci si chiede se la risata si stia davvero nutrendo di paura – non sia invece una resa artistica di fronte ad una realtà che non interessa più comprendere con gli stessi strumenti affilati di ieri. Impossibile rispondere; perché attorno al lavoro del comico ancora una volta cala una nebbia di rispetto e affetto che rende difficile dare un giudizio maggiormente netto.