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La doppia ora dei saranno famosi di Woodstock

Sono sei i film in uscita questo weekend. Ce n'è un po' per tutti i gusti, anche se il livello generale non è esaltante.

Motel Woodstock

09.10.2009 - Autore: Andrea D'Addio
Non viene distribuito nei giorni esatti del suo quarantesimo anniversario (dal 15 al 18 agosto 1969), ma è comunque per celebrarne la ricorrenza che arriva finalmente sui nostri schermi “Motel Woodstock”, nuovo film di Ang Lee, già presentato al Festival di Cannes. Nella recensione di Film.it, il nostro Adriano Ercolani non ne parla benissimo, “da Ang Lee è lecito aspettarsi tutt’altro livello di cinema”, ma si tratta comunque di una commedia simpatica e piena di aneddoti. Vi si racconta la storia di Elliot, artefice (per caso) di quello che sarebbe diventato il concerto più ricordato di sempre, non solo per chi si esibì, ma per ciò che significò. Colori, musica, fiori e libertà di vario tipo, aspetteranno al cinema chi gli vorrà concedere una chance.

Model Woodstock

In partenza c’era curiosità per il remake di “Fame”, film culto del 1980 firmato Alan Parker, ora rifatto in chiave moderna. Peccato però che a visione avvenuta qualsiasi tipo di aspettativa positiva si sia scontrata con la dura realtà. Dialoghi al limite dell’involontario comico ed esibizioni da videoclip sono l’amalgama di un prodotto ormai superato, per concetti, da tanti talent show televisivi. Alla “New York City's High School of Performing Arts” arrivano stavolta ragazzi che non impareranno nulla né dagli insegnanti, né dalla vita. Valeva la pena farci un film?

Fame

Per spezzare il trend di introduzioni non proprio entusiasmaste fin qui sui film in uscita questa settimana , passiamo a quello che, a nostro avviso, è stato il migliore film italiano del Festival di Venezia. Parliamo di “La doppia ora”, giallo scritto, diretto e recitato in maniera più che discreta. Una pellicola di genere che ha tanti punti in comune con quel “La ragazza del lago”, sorpresa al botteghino un paio d’anno fa. Filippo Timi e Ksenia Rappoport vivono l’inizio di un amore finché un evento imprevisto (non vi diciamo quale) non sconvolge i loro equilibri.  Possibile che sia tutto casuale?

La doppia ora

Altro film da festival è “Ricky” firmato da François Ozon. Presentato all’ultima Berlinale, si tratta di una di quelle pellicole che divide a metà: o si ama o si detesta. La bravura e il tecnicismo di Ozon non si discute, si tratta di un regista originale e spesso coraggioso nelle scelte, a destare qualche dubbio è in questo caso il tono che assume la storia raccontata. Si parte dal dramma e si finisce con il fantastico. Di certo non annoia, né segue canovacci già esplorati. Può essere uno di quei film che si ricorda a distanza di tempo così come uno per il quale si tenta il rimborso del biglietto. Dipende, ancor più qui che in altri casi, dalla sensibilità dello spettatore.

Ricky

Per finire, citiamo nello stesso paragrafo sia “Barbarossa” di Renzo Martinelli che “Le mie grosse grasse vacanze greche” di Donald Petrie. Lo facciamo perché hanno un minimo comune multiplo: sono brutti.
Il primo è un’apologia leghista sull’eroe Alberto da Giussano, qui ridotto purtroppo a pretesto per enfatizzare tutta la simbologia di Bossi & company in centoquaranta infiniti minuti. Chi vedrà il film non potrà dimenticarsi di un nome: Siniscalco Barozzi. E’ un nuovo personaggio cult del nostro cinema: dicono che nominarlo alla fine di ogni frase porti bene.

Barbarossa

Le mie grosse grasse vacanze greche” è invece la peggiore piega che, a distanza di anni, poteva prendere il successo di “Il mio grosso grasso matrimonio greco”. Non si tratta di un sequel, ma poteva esserlo (ancora una volta in produzione c’è lo zampino di Tom Hanks e sua moglie). Abbiamo la stessa attrice protagonista, Nia Vardalos,  che stavolta però si trova in Grecia. Fa la guida turistica ed è scocciata tanto dai turisti quanto dagli usi e costumi del Paese dei suoi genitori (lei in realtà è un’americana rientrata in patria per ragioni di lavoro). L’amore risolleverà tutto, a scapito però del buongusto.
Battute tristi e spesso volgari per una favoletta a tratti irritante. Fosse stato un film italiano, avremmo parlato di “Natale ad Atene”.