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La calda notte dell'ispettore Tibbs compie 50 anni: ecco dieci ragioni per rivederlo oggi

Il capolavoro di Norman Jewison usciva in USA il 2 agosto 1967. Ecco perché ancora oggi è un film attualissimo

La calda notte dell'ispettore Tibbs

02.08.2017 - Autore: Marco Triolo (Nexta)
Capolavoro non è una parola che va usata alla leggera. Eppure è l'unica parola da usare quando si parla de La calda notte dell'ispettore Tibbs, uno dei grandi classici del poliziesco americano di fine anni '60. Un film che ancora oggi sferra un bel gancio nello stomaco, parlando del razzismo endemico di un'America incapace di guardare oltre il colore della pelle nel giudicare il prossimo. Scritto da Stirling Silliphant (L'inferno di cristallo, Killer Elite) a partire da un romanzo di John Ball, In the Heat of the Night vinse cinque meritati Oscar: miglior film, attore protagonista (Rod Steiger), sceneggiatura, sonoro e montaggio (di Hal Ashby).
 
Il 2 agosto 2017 quest'opera importantissima compirà cinquant'anni. Abbiamo deciso di celebrarla elencando dieci ragioni per rivedere ancora oggi il film, dieci motivi per cui non è invecchiato di una virgola.

 
Sidney Poitier. Non vinse l'Oscar (che invece ottenne Rod Steiger, un po' una beffa), anche se lo aveva vinto qualche anno prima con I gigli del campo (primo afro-americano a ottenere la statuetta come attore protagonista). Ma è indubbio che Sidney Poitier sia una delle principali ragioni del fascino di questo film. Il suo Virgil Tibbs è un personaggio nervoso eppure cool, brillante eppure testardo e avventato. A volte persino ingenuo nel non capire quanto si stia mettendo in pericolo. Ma non c'è un attimo in cui non tifiamo per lui, mentre dimostra a un branco di zotici razzisti quanto sia il migliore sbirro in circolazione.
 
Rod Steiger. Semplicemente straordinario. Il suo Gillespie, capo della polizia di Sparta, Mississippi, è un personaggio di una complessità esemplare, combattuto tra una cultura che gli ha inculcato sin da bambino gli ideali dell'apartheid e ciò che vedono i suoi occhi. Un uomo intelligente che, per tutto il film, lotta con se stesso per diventare una persona migliore, anche se non lo sa. Il suo rapporto con Tibbs è, cinematograficamente parlando, oro puro.

 
Un film epocale sul razzismo. Pochi mesi dopo, sempre nel 1967, Poitier sarebbe anche apparso in Indovina chi viene a cena?, una lezione di tolleranza che riecheggia ancora oggi. Il Civil Rights Act era fresco di approvazione e il movimento di protesta hippie avrebbe cambiato, di lì a poco, il volto del Paese. La calda notte dell'ispettore Tibbs cadeva a fagiolo, denunciando un'America in cui la schiavitù e l'apartheid non erano per niente sparite, nonostante fossero state legalmente bandite. Jimi Hendrix già scalava le classifiche e i neri erano ancora emarginati in molte parti degli Stati Uniti. Ecco perché quello di Norman Jewison è un film coraggioso, specialmente nel suo essere commerciale. Fare tana a metà della popolazione americana pur incassando fior di quattrini al botteghino non è impresa da poco.
 
Norman Jewison. Un regista che ci ha regalato Il caso Thomas Crown, Jesus Christ Superstar e Rollerball non può che essere lodato a tutto spiano. In La calda notte dell'ispettore Tibbs, Norman Jewison dimostra tutta la sua abilità, il suo rigore, nel raccontare senza fronzoli una storia potente. Un controllo del racconto, della tensione e delle rare esplosioni di violenza che ha davvero pochi paragoni.

 
Lo schiaffo. Quando Tibbs interroga il vecchio proprietario terriero razzista Endicott, questi gli molla un ceffone per la sua insolenza. La risposta di Tibbs, uno schiaffo ancora più forte e immediato, lascia Gillespie a bocca aperta, con uno sguardo a metà tra sorpresa e ammirazione. È uno dei momenti chiave del cinema americano dell'epoca, l'attimo in cui gli antichi equilibri vengono ribaltati in favore di uno nuovo.
 
“Mi chiamano signor Tibbs!”. Altro grandissimo momento di cinema, tutto sulle spalle di Sidney Poitier. Gillespie insiste a chiamarlo “Virgil”, perché un “negro” non va chiamato per cognome. “Come ti chiamano lassù?”, gli chiede infine. “Mi chiamano SIGNOR Tibbs!”.

 
Arma letale ringrazia. Un poliziotto bianco e uno nero, due caratteri opposti costretti a collaborare. Vi ricorda nulla? Solo quasi tutti i buddy cop anni '80 con più di un decennio di anticipo. Certo, La calda notte dell'ispettore Tibbs è un film molto diverso da Arma letale, Beverly Hills Cop e 48 ore, ma senza di esso quei film non sarebbero probabilmente mai esistiti.
 
Un grandissimo giallo. Gli elementi razziali prendono il sopravvento nella memoria collettiva, per questo vale la pena ricordare che La calda notte dell'ispettore Tibbs è anche un grandissimo giallo. Un whodunit perfetto: c'è un cadavere, ucciso da qualche parte e spostato in un altro luogo. C'è una lista di sospetti, un investigatore che dà fastidio a tutti per trovare il colpevole. E un colpevole insospettabile. Una ricetta vecchissima che funziona sempre e qui funziona proprio benissimo. 

 
Amicizia virile. Il duo Tibbs/Gillespie rappresenta al meglio l'amicizia virile, uno degli elementi più importanti nel cinema poliziesco e noir. Due individui diversi che giungono infine a rispettarsi, e da quel rispetto a capire che non c'è distanza tra loro. Quello “Stammi bene” finale che Gillespie rivolge a Tibbs, sorridendo, dice più di mille lunghi discorsi didascalici e pedanti. È il bromance quarant'anni prima del bromance!
 
Musiche epocali. La colonna sonora è di Quincy Jones, uno dei più grandi produttori musicali e compositori del ventesimo secolo, l'uomo che avrebbe reso grande Michael Jackson. Jones è anche autore del brano che apre il film, “In the Heat of the Night”, il caldo blues eseguito da Ray Charles e diventato un classico indipendentemente dal film.