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Intervista: Ang Lee e la fede nel racconto

Il regista presenta Vita di Pi, il suo primo film 3D

Vita di Pi

29.11.2012 - Autore: Marco Triolo
Ang Lee è uno dei pochi autori orientali a lavorare stabilmente a Hollywood, e ha esplorato i generi più disparati: dal cinema di arti marziali (La tigre e il dragone) al film in costume (Ragione e sentimento) al dramma (I segreti di Brokeback Mountain), al cinema dei fumetti (Hulk). Ora torna con quello che può essere considerato il suo lavoro più complesso: Vita di Pi, da un romanzo di Yann Martel, racconta l'odissea di un ragazzo (l'esordiente Suraj Sharma) costretto ad attraversare l'oceano a bordo di una scialuppa di salvataggio condivisa con una tigre del Bengala. Visivamente spettacolare, la pellicola vanta almeno un record: una credibilissima tigre quasi completamente realizzata al computer. Abbiamo incontrato il regista, due volte Leone d'Oro, a Parigi.

Cosa ti ha attirato verso questo progetto?
La Fox mi ha chiesto di dirigerlo, ma quando ho letto il libro ho pensato che non fosse materiale adatto al cinema. Come si può realizzare un film su un ragazzo e una tigre dispersi nell'oceano? E tuttavia il libro è appassionante, e quando Fox mi ha contattato ho iniziato a rifletterci e alla fine mi ha preso.

Hai scelto un esordiente nel ruolo principale. Ha avuto difficoltà nel recitare davanti al nulla, dovendo immaginare una tigre che non c'era?
Non direi, Suraj ha grande talento e quindi molta immaginazione. E poi lo avevo testato: non avrei mai fatto un film senza prima trovare l'attore giusto e senza sperimentare la tigre digitale. In entrambi i casi ho visto del potenziale. La cosa buona di un attore giovane è che non ha accumulato nessuna “cattiva abitudine” ed è aperto a qualsiasi suggerimento.

Al centro del tuo film pare esserci la relazione tra uomo e natura...
Per me ci sono due tipi di natura: quella esterna, a cui dobbiamo sopravvivere. E quella interna, altrettanto importante: il nostro istinto di sopravvivenza, la tigre nascosta dentro di noi, la violenza che portiamo dentro. Anche questa fa parte del viaggio di Pi. Per me tutto è natura e il film è proprio una riflessione sul nostro confronto con essa.

Vita di Pi è certamente un film sulla speranza e sulla fede, ma anche una celebrazione del valore e della bellezza di un racconto. Quale dei due aspetti ti interessava di più?
Credo siano la stessa cosa, il valore del racconto sta nella fede. Questa è una cosa elusiva, impossibile da provare e razionalizzare. Perciò si può passare la vita a decostruirla e analizzarla fino a che non perde ogni significato di essere, oppure la si può trasmettere nella struttura in tre atti di un racconto – inizio, parte centrale, conclusione – e tramandare questa storia tra noi per non sentirsi soli.

Ogni film per te è una nuova sfida in termini di genere. Qual è stata dunque la più grande sfida di Vita di Pi?
La più ovvia è l'acqua: non avevo mai fatto film ambientati sull'acqua perché sapevo che erano difficili. So che per quanto ti prepari c'è sempre il rischio di perdere. E poi il 3D, e i doppi negativi, hanno aggiunto un altro livello di difficoltà.

E a proposito del 3D, come ti sei trovato e cosa ne pensi?
C'è molto da imparare e non è certo comodo da usare. Io e i miei colleghi registi non siamo cresciuti con il 3D e dunque quando pensiamo a un film lo pensiamo in due dimensioni. Personalmente, ritenevo che il 3D si sarebbe adattato bene all'acqua e avrebbe aiutato lo spettatore a immergersi nel mondo di Pi. Trovo anche che colga maggiormente il valore delle cose. A volte, mentre rivedevo una scena in 2D dopo averla girata, lodavo la performance dell'attore. Poi la riguardavo in 3D e capivo che dovevo rigirarla, perché risultava sopra le righe. Credo che si tratti di un medium perfetto per il cinema drammatico e che sempre più autori lo useranno, perché è un mezzo artistico legittimo.

Perché hai scelto di utilizzare una tigre in CGI anziché una vera? È stata la scelta più pratica o ti interessava la sfida?
La vera sfida sarebbe stata utilizzare una tigre vera e combinarla con della CGI all'altezza. La vera tigre sarebbe costata certamente meno, ma penso che abbiamo fatto la scelta migliore, perché non credo che avrei potuto fare tutto ciò che ho fatto nel film con una tigre in carne ed ossa. Soprattutto, non ci avrebbero mai permesso di mettere sulla stessa barca una tigre e un ragazzo. Credo che il migliore uso della computer graphic sia mischiarla con immagini dal vero. È il metodo migliore per ingannare gli occhi.

Vita di Pi, in uscita il 20 dicembre, è distribuito in Italia da 20th Century Fox. 

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