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Il padre della commedia popolare

Con Luigi Comencini scompare un altro pezzo di storia italiana. Oltre al suo impegno di critico e giornalista, dobbiamo a lui la fondazione del primo archivio cinematografico del nostro paese.

Luigi Comencini

12.04.2007 - Autore: Eva Gaudenzi
  “E’ un regista serio ma non serioso, divertente ma mai comico, una persona che sa far adattare gli attori ai propri ruoli con maestria ineguagliabile”. Così parlava Nino Manfredi di Luigi Comencini, scomparso questa mattina a Roma all’età di novant’anni. La fruttuosa collaborazione fra Comencini e Manfredi risale agli inizi degli anni Sessanta con il film “A cavallo della tigre”, prosegue con “Italian Secret Service” del 1967 per culminare poi con l’indimenticabile sceneggiato televisivo “Le avventure di Pinocchio”(1972). 

Per diversi anni, l’immagine di Luigi Comencini venne associata alla ‘semplicistica’ etichetta di ‘regista dei bambini’, specializzato in pellicole incentrate su fascino e purezza dell’universo infantile. Basti pensare a titoli come “Bambini in città” (opera d’esordio del 1946),  “ La finestra sul luna park” (1957), “Incompreso” (1967), “Voltati Eugenio” (1980)  fino alla serie televisiva “Cuore” del 1986.  

A ben guardare, questo sommesso e raffinato intellettuale lombardo fu uno dei padri fondatori della commedia all’italiana. Accanto al nome di Luigi Comencini brilla il ricordo di amici e colleghi come Alberto Lattuada, Nanni Loy, Mario Soldati ma anche interpreti speciali come Alberto Sordi,Vittorio Gassman,Ugo Tognazzi, Marcello Mastroianni e Totò.I due film che aprirono ufficialmente la stagione della cosiddetta ‘commedia paesana’ furono proprio “Pane, amore e fantasia” (1953) e “Pane, amore e gelosia” (1954), in cui neorealismo e tradizione popolaresca trovano il loro ideale punto d’incontro. Al ‘disimpegno’ ideologico e politico che il pubblico italiano chiedeva al cinema del dopoguerra, Comencini seppe rispondere con una cifra stilistica mai scontata.

Non chiuso negli schemi della commedia all’italiana, compose una galleria di quadri umani e sociali dai risvolti anche drammatici. Chi non ricorda la buffa umanità del sottotenente Alberto Innocenzi – uno dei personaggi più riusciti di Alberto Sordi – in ritirata con il suo reggimento in “Tutti a casa”? O la splendida Claudia Cardinale in “La ragazza di Bube”, storia d’amore e speranza fra le miserie del dopoguerra italiano?   

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