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Il film, quello che non c'e'

La lunghezza del film (quasi tre ore), del resto, non poteva permettere ulteriori racconti e la scelta narrativa del regista è stata chiara: evitare un'esposizione lineare, privilegiare alcuni tratti del carattere di Alessandro.

Alexander

20.04.2005 - Autore: Matteo Nucci
  La ricostruzione curata quasi a livelli maniacali che ha caratterizzato il lavoro su Alexander non poteva che prevedere un’altra faccia della medaglia. Se si pensa allo splendore con cui viene ricreata Babilonia e i palazzi reali non è difficile immaginarlo. Ancor meno a giudicare dalla battaglia di Gaugamela. Per quel celebre scontro, Oliver Stone si è avvalso dell’aiuto di un ex-marine, un esperto di guerre, Dale Dye, amico di guerra e già consulente per il regista. Molte discussioni con altri studiosi ed esperti eppoi un lavoro lungo e duro per risolvere un enigma militare: come le falangi macedoni avevano affrontato e respinto l’attacco dei carri da combattimento persiani dalle ruote a falce. Nel film difficilmente lo spettatore potrebbe rendersi conto di quanto lavoro ci sia dietro scene che appaiono in generale confuse, come succede su qualsiasi campo di battaglia.   Tanto impegno e tanta accuratezza non possono che prevedere tagli su altri fronti. La lunghezza del film (quasi tre ore), del resto, non poteva permettere ulteriori racconti e la scelta narrativa del regista è stata chiara: evitare un’esposizione lineare, privilegiare alcuni tratti del carattere di Alessandro. Quanto alla storia, dal momento in cui Alessandro diventa re il film passa subito a raccontare lo scontro definitivo con Dario, perdendo i primi passi dell’Alessandro appena salito al trono e soprattutto le prime battaglie in Asia Minore, la famiglia di Dario imprigionata con tutti gli onori, madre e moglie di Dario rispettate e trattate da regine, dunque il nodo di Gordio e l’oracolo di Zeus Ammone a Siwah. Eventi di grande suggestione, come anche, dopo Gaugamela, l’incendio di Persepoli, la repressione della congiura dei paggi e gli eventi finali che Stone ha ricreato comprimendoli, rischiando l’unica mossa davvero pericolosa.   Unendo il ferimento di Alessandro all’abbandono della spedizione in India, Stone dà l’impressione che Alessandro abbia rinunciato ai suoi propositi in un momento di debolezza, come invece non fu: ‘vinto’ semmai dalla stanchezza dell’esercito, secondo alcuni, deciso a rafforzare i confini, secondo altri. Ma poco importa. Quel che manca del carattere Alessandro, con l’assenza del rogo di Persepoli, è piuttosto la personalità dionisiaca, l’ebbrezza, il delirio orgiastico cui l’uomo si abbandonava spesso, bilanciando quegli eccessi con una temperanza altrettanto forte. Ma sono quei momenti di ebbrezza a prevalere nell’uccisione di Clito e nella distruzione di Persepoli. Stone ha preferito dar loro un’interpretazione diversa, considerandoli piuttosto come l’esito di una rabbia molto umana, ossia il prezzo da pagare al sogno quasi oltreumano di non fermarsi mai.
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