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If Only I Were That Warrior, la guerra dimenticata tra Italia e Etiopia

Prima mondiale a Firenze per il documentario che riflette sul colonialismo nazionale

If Only I Were that Warrior

29.11.2015 - Autore: Alessia Laudati (Nexta) - da Firenze
Il “se”, particella semantica del dubbio che introduce il bel documentario If Only I Were That Warrior dell’italiano Valerio Ciriaci, è espressione ricorrente nella realtà di chi dà spesso una versione personale del passato anche a discapito del racconto che la Storia ci ha invece consegnato in termini di giustizia sociale e umanitaria.

E ci sono molti “se” in If Only I Were That Warrior, primo lungometraggio del regista romano presentato in anteprima mondiale al Festival dei Popoli. Anche se qui hanno uguale importanza i "perché". Il documentario parte infatti da un episodio recente della cronaca nostrana – la costruzione nel 2012 presso il comune laziale di Affile di un monumento dedicato alla memoria del gerarca fascista Rodolfo Graziani – generale che durante la Guerra d’Etiopia del 1935 fu responsabile di alcuni crimini di guerra per i quali non fu mai processato, e analizza successivamente il substrato culturale che ha permesso a un gesto tanto oltraggioso, di essere non solo compiuto alla luce del sole, ma anche realizzato attraverso i soldi di tutta la comunità.



Con questa premessa, la storia già c’era, ma il racconto si allarga invece con intelligenza e si addentra – attraverso una certa chiarezza di pensiero e maturità artistica - all’interno di un tema decisamente ambizioso: quello del revisionismo storico e dell’ambiguità dell’atteggiamento di alcune sacche politiche e sociali rispetto al periodo fascista e al conseguente colonialismo in Africa.
 
Quali le vittime, quali gli aguzzini secondo la società contemporanea? La risposta dovrebbe essere scontata e invece Ciriaci dimostra che il passato è una terra straniera e le cose avvengono diversamente da quanto ci aspettiamo. Così If Only I Were That Warrior, riesce ad essere un lavoro di accurata ricostruzione storica, senza però averne la freddezza cronologica, che si insidia proprio sull'assenza di un'univoca prospettiva sociale rispetto ai crimini perpetrati dal regime fascista nel campo del colonialismo africano. Fa male, eppure è così. E allora, come nei processi più riusciti, nelle narrazioni più ampie, questo film raccoglie molte delle testimonianze reali. Poi, con lucidità, mostra la doppiezza del rapporto che ancora oggi lega una parte della comunità italiana, sia con il suo passato, sia con la memoria storica delle violenze di guerra, sia nella condanna monolitica - spesso mitigata - al regime fascista
 
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