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I quarant'anni de Il laureato: cinque ragioni per rivedere il capolavoro di Mike Nichols

Dustin Hoffman e Anne Bancroft al centro di un dramma romantico che ha fatto epoca. Ecco perché è ancora oggi imperdibile

Il laureato

22.12.2017 - Autore: Marco Triolo (Nexta)
Quarant'anni fa, il 22 dicembre 1967, uscì un film destinato a fare la storia. Il laureato, capolavoro di Mike Nichols, è una di quelle opere che segna un'epoca, capace di fotografarla in maniera nitida per i posteri. Il 1967 fu l'anno della Summer of Love, dell'ascesa vertiginosa del movimento hippie e l'alba di un cambiamento dei costumi che con il 1968 sarebbe diventato una vera battaglia. Un racconto di formazione girato in un momento del genere (anche se va detto che il romanzo originale di Charles Webb è del 1963) non poteva non includere questi elementi, il senso di smarrimento di un'intera nazione e la voglia, e il terrore, di affrontare un futuro incerto. Ecco perché ancora oggi Il laureato parla a tutti noi: perché sa dire cose importanti e senza tempo. Per festeggiare i suoi quarant'anni, ecco allora cinque ragioni per non farselo sfuggire tutt'ora.

 
Dustin Hoffman e Anne Bancroft. I due protagonisti sono una coppia iconica sul grande schermo. E pensare che avevano solo sei anni di differenza nella realtà. Ma Hoffman riesce a proiettare un'insicurezza e inadeguatezza da manuale, e la Bancroft una fascino maturo ancora oggi sconvolgente. Nichols fu lungimirante nello scartare Robert Redford, che fece campagna per il ruolo di Benjamin Braddock, ma che sarebbe stato improbabile nella parte di uno incapace con le donne.

 
Mike Nichols. Era alla sua opera seconda Nichols, e con Il laureato vinse il suo primo e unico Oscar (era stato nominato anche per il suo debutto, Chi ha paura di Virginia Woolf?). Nichols impiega una serie di trucchi di regia tanto semplici quanto magistrali (come far camminare Hoffman da destra a sinistra nell'inquadratura) per rendere visivamente il concetto della mancanza di direzione nella vita di Benjamin. Roba da studiare sui manuali di cinema.

 
Lo specchio di un'epoca. Il 1967 fu un anno importantissimo nella liberalizzazione dei costumi del Ventesimo Secolo. Ma è lecito supporre che non tutte le classi sociali avessero ancora ricevuto il memo. Ad esempio la borghesia abbiente e bianca a cui appartiene Benjamin. Eppure, il germe del cambiamento si insinua sotto pelle fino a esplodere anche in un ambiente così controllato. Il laureato nasconde una rabbia e una furia alimentate dall'incertezza, dalla paura ma anche dalla voglia di cambiare, non vedere sempre le stesse facce, non rispettare le regole che i nostri genitori hanno stabilito per noi. Un film che parla di rivoluzione senza idolatrarla.

 
La colonna sonora. Non si può parlare de Il laureato senza citare la colonna sonora di Simon & Garfunkel, con una serie di brani (alcuni inediti, come “Mrs. Robinson”, altri no, come “The Sound of Silence”) da pelle d'oca. La sequenza con “The Sound of Silence” nella piscina ha fatto epoca, è una di quelle scene che conosci anche se non hai visto il film.

 
Il finale. Come anche il finale, quella corsa forsennata per impedire il matrimonio di Elaine (Katharine Ross), lo sguardo dei due innamorati sul pullman che li conduce verso il loro futuro. Quello sguardo, così amaro, spaventato, incerto. Un finale che riesce a essere esaltante e allo stesso tempo a tagliare le gambe in quegli ultimi, devastanti secondi. Quei finali che raramente ormai vediamo al cinema, specialmente in progetti di così alto profilo. Applausi, giù il sipario.