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I 110 anni di Luchino Visconti nella sua filmografia essenziale

Sette film per celebrare uno dei più grandi registi italiani di tutti i tempi, nato a Milano il 2 novembre 1906

Il Gattopardo

02.11.2016 - Autore: Marco Triolo (Nexta)
Centodieci anni fa, il 2 novembre 1906, nasceva a Milano Luchino Visconti di Modrone, discendente di una nobile famiglia e destinato a diventare, più semplicemente, Luchino Visconti, regista che ha contribuito a plasmare la strada del cinema italiano nel Ventesimo Secolo. Un uomo dalle mille contraddizioni – era un aristocratico marxista che, durante la guerra, ospitò nella sua villa esponenti della resistenza, fu impegnato in una serie di relazioni di alto profilo con Coco Chanel e Marlene Dietrich, tra le altre, ma era omosessuale – che non nascose mai nei suoi film, unendo la spinta sociale del Neorealismo con un certo gusto per lo sfarzo e la grandeur. Celebriamo la sua carriera ricordando alcuni dei suoi film più importanti, una selezione essenziale per scoprire l'opera di uno dei più grandi registi italiani, e internazionali, di sempre.



Ossessione (1943)
Prima versione cinematografica de “Il postino suona sempre due volte” di James M. Cain (non accreditato), Ossessione è allo stesso tempo storia pulp incentrata su una passione tinta di sangue e anno zero del cinema neorealista italiano. Massimo Girotti e Clara Calamai sono al centro di questo film seminale, in cui il discorso socio-politico si nascose bene agli occhi dei censori fascisti e aprì la strada a tutto il cinema del dopoguerra.



La terra trema (1948)
Da “I Malavoglia” di Giovanni Verga, un altro capolavoro neorealista, girato con attori non professionisti e un occhio attento alle fatiche della classe più povera d'Italia. Ma ne La terra trema c'è anche già quel gusto per le epopee famigliari che avrebbe preso poi il sopravvento nel cinema di Visconti, e per questo è una delle sue opere più importanti.



Senso (1954)
Il discorso appena fatto viene portato avanti in Senso, che però è uno spartiacque nel cinema di Visconti perché è il suo primo film girato in un lussuoso Technicolor. Ambientato nel 1866, alla vigilia della terza guerra di Indipendenza, ancora una volta Senso si concentra su una passione travolgente (tra Alida Valli e Farley Granger, lei contessina dalle simpatie nazionaliste e lui pilota austriaco) che scatena eventi disastrosi. Ma il Neorealismo sembra ormai distante e Visconti (con gli assistenti alla regia Franco Zeffirelli e Francesco Rosi) tesse un affresco sfarzoso e allo stesso tempo potente della storia d'Italia.



Rocco e i suoi fratelli (1960)
Alain Delon interpreta uno dei ruoli più celebrati della sua carriera in Rocco e i suoi fratelli. Il film è la storia (scritta con, tra gli altri, Suso Cecchi D'Amico e Pasquale Festa Campanile, dal romanzo “Il ponte della Ghisolfa” di Giovanni Testori) di cinque fratelli lucani che si trasferiscono a Milano per tentare di cambiare vita. 170 minuti di durata per un film che viene visto come uno dei predecessori di tante analoghe storie di seconde occasioni e drammi famigliari poi celebrate dal cinema americano, con in testa Il padrino di Francis Ford Coppola.



Il Gattopardo (1963)
Immancabile in qualunque lista sull'opera di Visconti, Il Gattopardo forse non è il suo film migliore ma certamente è quello più famoso, istantaneamente associato al suo nome da chiunque. E nasconde in esso le due anime del regista: Don Fabrizio di Salina, il principe interpretato da Burt Lancaster, è dopo tutto il membro di una famiglia aristocratica che prova simpatia per i ribelli anti-monarchici guidati da Garibaldi. Ma c'è una nota amara nell'epopea tratta dal romanzo di Tomasi di Lampedusa: tutto cambia, in fondo, perché tutto resti immutato.



La caduta degli dei (1969)
Ancora una volta la storia di una dinastia spinta oltre l'orlo del precipizio da eventi storici più grandi di una singola fortuna famigliare, La caduta degli dei (nominato all'Oscar) racconta dei Von Essenbeck, proprietari di acciaierie che vengono presi di mira dal governo nazista perché la loro fabbrica potrebbe giocare un ruolo fondamentale nella corsa alle armi prebellica. Rimangono impressi nella memoria l'ufficiale delle SS Aschenbach (Helmut Griem), un burattinaio da brividi, e Helmut Berger (l'ultimo compagno di Visconti che restò con lui fino alla sua morte) nel ruolo di Martin, rampollo della famiglia che ama vestirsi da donna e molesta i bambini.



Morte a Venezia (1971)
Dal romanzo di Thomas Mann, uno degli ultimi grandi film di Visconti. Al centro, la passione omosessuale tra il compositore Gustav von Aschenbach (Dirk Bogarde), che viaggia al Lido di Venezia per ragioni di salute, e il giovane polacco Tadzio (Björn Andrésen). Lo stile di Visconti raggiunge qui un controllo formale assoluto, quasi ossessivo, eppure in grado di mettere in evidenza temi come desiderio e riflessione sulla morte, ponendoli sullo sfondo di una Venezia segnata da un'epidemia di colera, tenuta segreta ai turisti, che trasforma la città in una sorta di zona di quarantena tra vita e morte.