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Exit through the gift shop - La nostra recensione

L'esordio di Banksy alla regia è uno dei migliori film passati alla Berlinale.

Exit through the gift shop

16.02.2010 - Autore: Andrea D'Addio, nostro inviato al Festival di Berlino
Nessuno lo vede, o meglio, nessuno di quelli che lo ha visto, ha la possibilità di capire di chi si tratta (escludiamo amici, familiari e collaboratori). Parliamo di Banksy, il più famoso street artist di questi anni, autore dissacrante capace, con un semplice disegno, un gesto, un adesivo, di sintetizzare pensieri e suggestioni che la cronaca quotidiana ci offre continuamente davanti gli occhi. Dubitiamo che il successo di Banksy risieda, come alcuni suoi detrattori sostengono, dal fatto di non voler mai apparire in pubblico, ma è indubbio che lui stesso giochi parecchio su questo elemento da marketing virale.

Exit through the gift shop

Neanche al Festival di Berlino dove ha presentato il suo primo film da regista, “Exit through the gift shop”si è presentato (possibile che fosse in mezzo agli spettatori senza dire nulla). Nessuna intervista, nessuna conferenza stampa. Solo un video messaggio con la voce camuffata con cui introduce il suo film “senza sceneggiatura”. Banksy però mente. Il suo film infatti, seppur è un documentario che ha molto materiale improvvisato, una sceneggiatura ce l'ha eccome. Ed è di tutto rispetto.

Si parla di street art e lo si fa partendo dalla figura di Thierry Guetta, un videoamatore francese che per anni ha documentato, semplicemente per passione il lavoro notturno dei più importanti graffittari del mondo. Tra di loro anche Banksy che, però, è solo uno dei tanti personaggi incontrati per strada (anche se il più celebre).

Exit through the gift shop

Guetta è un personaggio davvero ai limiti: ingenuamente buffo, buono quanto sgraziato e senza gusto, sveglio tanto quanto rozzo. Di certo uno testardo. La sua storia non ve la vogliamo anticipare perché lo scoprire chi è, cosa fa oggi e, soprattutto, con quali risultati è una vera e propria svolta narrativa del film di Banksy. Il tutto è narrato con uno stile scanzonato, ironico, davvero uno spasso. Nessuna autocelebrazione (per quanto Banksy un po' faccia capire di sentirsela calda), né condanna (se non ironica) verso Guetta, ma solo tanta sorpresa per una vicenda che aveva tutto per diventare un film e così, del resto, è stato.

Il materiale d'archivio è di primo ordine, la fonte è lo stesso Guetta. Un uomo che, una volta conosciuto, non può cadere nel dimenticatoio dei volti visti e poi messi da parte. Viva Mr Brainwash!
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