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Can't take my eyes off Nadine Labaki

E se le donne spazzassero via la guerra una volta e per tutte? Ne abbiamo parlato con la regista di "E' ora dove andiamo?"

Nadine Labaki

12.01.2012 - Autore: Pierpaolo Festa
“Sono rimasta incinta proprio mentre scrivevo la sceneggiatura del film. Volevo condividere il punto di vista di madre e di donna, era diventata una grande responsabilità, una missione. Mi chiedevo in che mondo sarebbe cresciuto il mio bambino: noi mamme siamo pronte a tutto pur di impedire ai nostri figli di andare a combattere”. 

Intervista Nadine Labaki, e ora dove andiamo? la regista sul set

La libanese Nadine Labaki non è l’ennesima regista che in ogni fotogramma urla “no alla guerra”, la sua visione va oltre e offre un’esperienza cinematografica che garantisce il ritorno a casa dello spettatore con il cervello e l’anima un po’ più pieni. Le donne di “E ora dove andiamo?” fanno pensare all’incrocio tra le protagoniste forti di Almodóvar e il Benigni più efficace de “La vita è bella”, pronto a distrarre il figlio con i più disparati stratagemmi per allontanarlo dall’orrore. “Il fatto di mescolare la risata con gli aspetti drammatici è una cosa che mi viene alquanto naturale – ci racconta la regista - Volevo affrontare questi temi così seri con un tocco di leggerezza. Quando ti trovi di fronte a situazioni così assurde, a volte cerchi di superarle ridendo. È un modo per creare una certa distanza e ottenere un punto di vista diverso, e forse cominciare a guarire”.

Che la guerra sia una cosa assurda non è una novità, che la Labaki ce lo ripeta con grazia e leggerezza, raggruppando un manipolo di attrici non professioniste ma dalla straordinaria espressività e ottimi tempi comici, rende il suo film davvero speciale. E davanti la macchina da presa si piazza anche lei, bellissima soprattutto quando la vediamo ballare in una sequenza musicale e romantica.

Intervista Nadine Labaki, e ora dove andiamo? una scena del film

Pensa che se queste donne fossero al potere avremmo meno guerra?
Non ho una risposta precisa, anche questo è il motivo per cui il film si chiude con la domanda del titolo. Eppure ho la sensazione che le donne possano andare oltre il conflitto. Siamo più portate a rifletterci due volte, pensarci sopra prima di farci coinvolgere: sono le donne che rimangono vedove e devono occuparsi dei bambini orfani, e sono loro che perdono i figli in guerra.

Come spiega il successo dei suoi film anche con il pubblico internazionale?

È interessante perché il fatto che l'audience straniera si riconosca con i personaggi mi fa pensare non si tratta solo del conflitto tra cristiani e musulmani, piuttosto di una guerra che può esistere tra vicini di casa che vivono sullo stesso piano ma non si parlano non si incontrano. O tra due squadre di calcio. La gente ha paura degli altri, non c’è  contatto con persone che non conosce. Io sono idealista e ingenua, mi immagino un mondo migliore con maggiore comunicazione e maggiore scambio. 

Intervista Nadine Labaki, e ora dove andiamo? Le protagoniste del film

Cosa pensa di quello che sta accadendo ai confini del Libano negli ultimi tempi? Nella Primavera Araba anche le donne sono in prima linea…
Sono molto orgogliosa di quello che le donne sono state capaci di ottenere e del fatto che siano più consapevoli di questa loro responsabilità. Ho la sensazione di aver partecipato anche io in qualche maniera a questa Primavera Araba con il mio film. D’altra parte sono anche scettica: temo che la situazione non si rivelerà solo positiva alla fine.

E ora dove andiamo?”, in uscita il 20 gennaio, è distribuito dalla Eagle Pictures.