Moonrise Kingdom - Una fuga d'amore
Sam e Suzy si conoscono casualmente ad una recita ed è subito colpo di fulmine! Si innamorano al punto di decidere di scappare insieme, lontano. Architettano il piano nel minimo dettaglio. I cittadini sono sconvolti e la fuga dei ragazzi getta nel caos l'intera comunità. Mentre le autorità li cercano, altre inaspettate e divertenti vicende metteranno completamente a soqquadro l'intera isola!
Se questo non è il film più sincero di Wes Anderson…
Con “Moonrise Kingdom” – film che ha aperto Cannes 65 - il regista rimane sempre fedele alla sua estetica e al modo in cui
racconta le storie. Questa volta però il cuore pulsante del film batte
in una coppia di giovanissimi protagonisti. Scegliendo di ambientare la
storia nel 1965, il regista de “I Tenenbaum”
racconta un'America che da lì a poco sarebbe stata profondamente
cambiata dal conflitto in Vietnam e, in seguito, dal movimento per la
pace. I due protagonisti sono i precursori di quell'epoca, pronti a
tutto pur di correre da soli verso un destino diverso a quello al quale
sono stati indirizzati dalle loro famiglie.
Con la sua solita delicatezza Anderson esplora temi duri come il crollo
della famiglia, la solitudine e l'isolamento. La svolta con cui si
distingue rispetto al suo cinema precedente è quello di mettere la
macchina da presa ad altezza di ragazzino, esplorando i primi
batticuore. Quei veri amori che non si dimenticano mai. La sorpresa è
quella di avventurarsi anche nella scoperta della sessualità, con un
paio di sequenze che valgono l'intero film.
A supportarlo c'è un cast di grandi attori, inclusi i due protagonisti esordienti (Jared Gilman e Kara Hayward). Li affianca un Edward Norton che rimette a lucido la sua simpatia. Con indosso l'uniforme da capo
Scout, l'attore interpreta il suo ruolo più iconico dai tempi di “Fight Club”.
Il regista fa anche un buon uso del resto degli attori, affidando loro
ruoli familiari, e constestualizzandoli all'interno del suo cinema. È
così che Frances McDormand è ancora una volta una mamma cinematografia un po' fuori di testa come lo è già stata in “Almost Famous”. Bruce Willis, invecchiato e con la pancetta, è un malinconico sceriffo che si riserva comunque il suo momento “Die Hard” nel finale. Tilda Swinton è ancora una volta la villain di turno. E poi c'è Bill Murray, presenza felice nei film di Anderson, che continua sempre a beccare il punto giusto tra genio comico e malinconia.
"Moonrise Kingdom" potrebbe essere etichettato come il più
spielberghiano dei film di Wes Anderson, per il modo in cui il regista
sceglie di schierarsi con i suoi giovani protagonisti, sempre e
comunque. La sua è la scelta di un'età di innocenza e sogni fantasiosi.
Cosa che non esclude affatto la piena maturità della pellicola.
di Pierpaolo Festa