“Lost” nel bene e nel male ha scardinato il modo di far televisione e lo ha fatto grazie anche a chi questa storia l’ha pensata e l’ha messa su carta. Escluso l’ideatore, l’acclamato J.J. Abrams, dietro al successo dei naufraghi ci sono altre due menti geniali, Carlton Cuse e Damon Lindelof , gli sceneggiatori storici della serie insieme, non dimentichiamolo, ad uno staff enorme che lavora costantemente dietro le quinte, negli uffici della produzione lontano dall’Isola e dalle luci della ribalta.
È quindi doveroso spendere qualche parola in più su chi, in questi anni, ha cambiato il modo di porsi davanti a una sceneggiatura fregandosene spesso (o almeno così sembra) delle regole e delle scelte che fino a quel momento avevano ripagato con buoni ascolti e preferendo battere una strada nuova e ben più impervia.
Carlton Cuse è un signore distinto sulla cinquantina con la sua folta capigliatura ricciuta sale e pepe, Damon Lindelof è invece un quasi quarantenne con la faccia simpatica e l’atteggiamento un po’ “nerd” che fa tanto sceneggiatore del nuovo millennio. Due così non sembrano fatti per lavorare insieme, troppo diversi, quasi due opposti, ma l’apparenza inganna e di fatti i due, come dichiarato in più interviste (compresa quella rilasciata all’ultimo “Roma Fiction Fest”), sembra che siano quasi sempre d’accordo.
Sarà che in fondo li accomuna una spettacolare conoscenza telefilmica, sarà che i loro modi di scherzare ed ironizzare sulle critiche che negli anni sono piovute loro addosso (insieme ai premi e la fiducia del pubblico) sono realmente molto simili, ma di fatto la strana coppia funziona. E ancor meglio hanno funzionato le scelte fatte per “Lost”. A partire da quelle narrative che inizialmente prevedevano destabilizzanti flashback nel passato dei 48 naufraghi, tutti misteriosamente connessi tra loro fino allo shock provocato nella terza stagione: quando tutti erano ormai abituati al meccanismo passato-presente, sono arrivati i flashforward e la divisione del gruppo tra losties rimasti e Oceanic six, davvero difficile da prevedere. Ma, scelte narrative a parte, un gran peso nel successo di “Lost” lo esercita lo studio dei personaggi che per gli stessi autori sono il fulcro dello show. Personaggi reali, sfaccettati tra mille tonalità, imprevedibili, ma allo stesso tempo coerenti e mai stereotipati. E infine l’Isola, essere inquietante e senziente, che fa da background alle mille storie di tanti personaggi. L’isola che spaventa e intriga con la sua mitologia ancora piena di punti interrogativi. L’Isola che è, in fondo, il personaggio più riuscito di “Lost”.
Carlton Cuse e Damon Lindelof hanno saputo stupire semplici spettatori e addetti ai lavori perché mai in questi anni hanno permesso allo show di viaggiare su binari troppo sicuri. Come l’Isola piena di inquietanti sorprese così sono le loro sceneggiature che, organizzate nei minimi dettagli, sembrano portare lo spettatore in una direzione, convincerlo che la trama si chiuderà in un certo modo, per poi assestare un colpo ben piazzato e inatteso e ri-catapultarlo nel calderone dei dubbi e delle supposizioni.
Ora che il cerchio sta per chiudersi e con 18 ore a disposizione, saranno in grado questi due geni della sceneggiatura di dare a “Lost” il finale che merita? Saranno ancora in grado di lasciare a bocca aperta i tanti appassionati senza deluderli? La scommessa non è delle più semplici, ma la fama di buoni giocatori d’azzardo se la sono già guadagnata. Tanto quanto quella di grandi professionisti.


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Giocatori d'azzardo
Vi presentiamo Damon Lindelof e Carlton Cuse.

31.01.2010 - Autore: Elisabetta Tirabassi