Shame

Shame

Brandon è un trentenne newyorchese che non è in grado di instaurare una relazione seria con una donna a causa della sua incapacità di controllare i suoi appetiti sessuali. Affetto da una vera e prorpia dipendenza da sesso, l'arrivo della sorella minore - impegnata sui palcoscenici di Broadway - riuscirà a cambiare qualcosa in lui e a ridurre la sua distanza dal mondo dopo una vita fatta di sesso e vergogna.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Shame
GENERE
NAZIONE
United Kingdom
REGIA
CAST
SITO UFFICIALE
DISTRIBUZIONE
Bim
DURATA
101 min.
USCITA CINEMA
13/01/2012
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2012

Dopo aver stupito con il suo esordio, lo splendido biopic su Bobby Sands “Hunger” (qui la nostra recensione), il video-artist diventato regista Steve McQueen È pronto a fare il bis di lodi con “Shame”, il suo secondo lungometraggio per il quale ha collaborato ancora una volta con Michael Fassbender.
Un film che, se per certi versi sembra l'opposto del suo predecessore,
per altri ne È una diretta filiazione. Per quanto, infatti, “Shame” sia ambientato nella piÙ affascinante e vitale metropoli del mondo, al contrario del carcere di “Hunger”, entrambe le pellicole parlano di isolamento e prigionia, una fisica, l'altra dell'anima.



Il protagonista di “Shame” È Brandon, giovane
professionista che vive a New York. Brandon ha successo nel lavoro,
possiede un appartamento di lusso e ha fascino da vendere con le donne,
ma ha un problema che si sta facendo sempre piÙ assillante: È dipendente
dal sesso. Finora È sempre riuscito a tenere la cosa confinata tra le
mura domestiche, ma l'arrivo della sorella minore (Carey Mulligan), problematica quasi quanto lui, darÀ il via a una catena di eventi che lo costringeranno a fare i conti con se stesso.



Nella cittÀ che non dorme mai, dove il piacere sessuale È a portata di
mano e dove un uomo single puÒ intrattenersi in tutti i modi che
preferisce, Brandon non ha limiti e dunque il suo problema non riesce a
trovare risoluzione. McQueen comprende quanto una completa redenzione sia fuori luogo – stiamo parlando di questioni vere, non dell'arco di maturazione di un
qualsiasi eroe hollywoodiano – e preferisce lasciare molto in sospeso,
tante faccende insolute, concentrandosi non sull'ampio respiro ma sulle
vite dei suoi personaggi, due anime perdute che cercano di riconnettersi
e rimettere assieme i pezzi. Ce la faranno? Non È dato saperlo, ma
almeno ci stanno provando.



Come in “Hunger”, McQueen si affida a una messa in scena di
pochi dialoghi, lunghi ciak e un uso intelligente delle ellissi
narrative e dei flashback. Ne risulta un film l'incedere lento,
fortemente visivo, che spiega poco e racconta tanto con le immagini, con
i volti, la fisicitÀ degli attori. Che per il loro regista non esitano a
spogliarsi totalmente, non solo dal punto di vista fisico ma anche
emotivo. Fassbender È eccezionale, un fascio di nervi e sensazioni che in ogni momento sono sul punto di esplodere.
Carey Mulligan sembra non sbagliare un colpo e, alla vigilia della sua
promozione a star di serie A, torna con un film che sicuramente ha
scelto piÙ per la sfida professionale che non per il potenziale al box
office.



Shame” È un film potente, raccontato con grande
asciuttezza e maestria e capace davvero di fare leva sui sentimenti piÙ
basilari dell'uomo
. Non a caso il titolo, che dopo “Hunger
sembra continuare una sorta di studio sugli istinti primordiali
dell'uomo. Ma McQueen ha anche il coraggio di non lasciarsi andare alle
lacrime facili – nonostante un momento molto commovente verso il finale –
e preferisce lasciare aperto uno spiraglio, la speranza di poter
ricostruire un senso. A volte, È tutto ciÒ di cui abbiamo bisogno.




di Marco Triolo