Separati ma non troppo

separati-ma-non-troppo.jpg

Delphine e Yvan divorziano. Poiché la situazione economica di Yvan non gli permette di trovare una casa, si ricorda che, in realtà, è detentore del 20% della casa in cui vive ancora la ex-moglie. Torna, allora, a vivere sotto lo stesso tetto con Delphine, in quel 20% che gli spetta: sarà in questa situazione particolare (e, a tratti, assurda) che i due ex-coniugi si renderanno conto della bellezza dei piccoli momenti di felicità di questa convivenza forzata…

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Sous le même toit
GENERE
NAZIONE
Francia
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
Europictures
DURATA
97 min.
USCITA CINEMA
13/09/2018
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2017
di Mattia Pasquini

Commedia strana quella di Dominique Farrugia, filmmaker poliedrico dietro e davanti la macchina da presa (oltre che producer cinematografico, televisivo e culinario!), che qui ritroviamo nella veste di regista, di Separati ma non troppo appunto. Una commedia dalle molte influenze, e ancor più tentazioni, che sin dalle prime scene vediamo ammiccare allo spettatore, a un passo dal credersi di fronte a una versione francese di family-crime leggeri visti recentemente (da Cose nostre - Malavita a Come ti spaccio la famiglia).

L'illusione dura poco, nel bene e nel male, e la cornice ipotizzata lascia rapidamente il campo a dinamiche molto più classiche. E tradizionali, considerato il cinema di appartenenza. Siamo di fronte a un dramma della separazione che il titolo originale - Sous le même toit (Sotto lo stesso tetto)- spiega meglio di tante parole. E che vediamo svilupparsi in forme diverse. Un bene, certo, se non fosse che alla prevedibile iniziale salva di insulti e rinfacci tra i due coniugi segue un accumularsi di cliché, rotti solo dalla scelta di puntare sulla maturità della giovane Violette (critica sin dalla "ridicola festa di divorzio"… ipse dixit!) e dal piccolo Lucas (bullizzato ma di notevole lucidità), gli unici personaggi a mostrare uno sviluppo credibile.

Una sorta di romanzo di formazione familiare, utile ad affrontare temi comuni a molti, seppur in maniera diseguale. Ché al netto di macchiette e stereotipi, o della poco verosimiglianza di certi comportamenti (inseriamo qui il 'particolarissimo' selfie con la suocera, decisamente inatteso quanto forzato), regala momenti apprezzabili. Scene, isolate, che ci permettono di empatizzare ora con l'uno ora con l'altra, entrambi 'trascinati nel fango' di un infantilismo che ce li mostra confusi sulle strategie da tenere, e in alcuni casi ci riportano al Tognazzi e alla Bouchet degli anni '70/'80

Qui, però, si osa ben poco. E l'evoluzione sperata manca, come le sorprese (a meno di non voler considerare tale il consolatorio finale). Nel mezzo, starà agli spettatori decidere se divertirsi ridendo delle avventure di Yvan o prendendone le parti, o partire dal suo grossolano tentativo di salvare il salvabile approfittando del vissuto comune, spesso attraverso riferimenti espliciti o memorie fisiche, intime, per riflettere sul tema di fondo. Che potrebbe far riflettere molti sulla non rara condizione di "sconosciuti che si conoscono molto bene" o su certe inevitabili e forzate condivisioni… Un pubblico cui l'opera guarda, offrendogli una speranza, la possibilità di una 'separazione diversa, felice. E per gli altri? Un'occasione per riderne, sperando non tocchi a loro.