Norwegian Wood

Norwegian Wood - Locandina

L'indolente Toru è continuamente assalito dal dubbio di aver sbagliato o poter sbagliare nelle sue scelte di vita e di amore, ma è anche guidato da un ostinato e personale senso della morale e da un'istintiva avversione per tutto ciò che sa di finto e costruito. Diviso tra due ragazze, Naoko e Midori, che lo attirano entrambe con forza irresistibile, Toru non può fare altro che decidere. O aspettare che la vita, e la morte, decidano per lui.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Noruwei no mori
GENERE
NAZIONE
Giappone
CAST
DURATA
133 min.
USCITA CINEMA
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2010

Lei, lui e l'amico. Lui improvvisamente si suicida, rimangono l'amico e lei. Inizialmente non parlano di quanto è successo, passano un anno senza vedersi, poi si incontrano a Tokyo e lì passano una sorprendente serata di sesso. “Lei è vergine”, si rende conto quello che, se un tempo era semplicemente l'amico, ora è diventato l'amante. Ma come è possibile che dopo tanti anni di relazione con il suicida, lei sia ancora vergine?

Il bandolo della matassa di “Norwegian Wood”, tratto dall'omonimo libro di Haruki Murakami (“Norwegian Wood – Tokyo Blues”), è proprio nella risposta a questo interrogativo. Non c'è nulla di particolarmente misterioso dietro, anzi un semplice problema di lubrificazione (almeno per come lo propone il film). A nessuno degli amanti però sembra venire in mente qualche rimedio, e così la psiche di lei rimane devastata dal senso di colpa e dall'impossibilità di raggiungere il piacere. Se il libro era un lungo flashback sulla difficoltà di diventare adulti, il libro vive di labili spiegazioni di voci fuori campo, riflessioni che non trovano linfa o approfondimento nel racconto e che muoiono sul posto, senza sviluppo. Si parla di sesso senza eros, di amicizia senza condivisione, di amore come sentimento caduto dall'alto e non costruito e vissuto. I personaggi dicono a parole ciò che provano, e per quanto ci si possa aspettare dalla cultura giapponese un diverso modo di rapportarsi alle emozioni, forse più freddo e riservato quando si tratta di passione e voglia di vivere, comunque qui nulla appare naturale, ma solo forzato.

Si assiste a un continuo di silenzi e dialoghi in cui gli interlocutori, quando si parlano guardano in due direzioni diverse o stanno addirittura di spalle. L'ambientazione storica durante i movimenti studenteschi degli anni '60 e 70, vengono mostrati sullo sfondo senza alcun legame con i personaggi, rimanendo anch'essi piuttosto inutili. Il risultato è che tutto appaia freddo, senza alcun guizzo né di regia né per quanto riguarda gli attori (tra cui la Rinko Kikuchi candidata all'Oscar per “Babel”). Rimane giusto una bella fotografia e una colonna sonora che, per quanto spesso utilizzata eccessivamente, quantomeno rende più sopportabili tante scene che sarebbero potute essere tagliate dal montaggio finale.