Moschettieri del re - La penultima missione

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D’Artagnan (Pierfrancesco Favino), Athos (Rocco Papaleo), Aramis (Sergio Rubini) e Porthos (Valerio Mastandrea). Oggi sono un allevatore di bestiame sgrammaticato, un castellano lussurioso, un frate indebitato e un locandiere ubriacone, che per amor patrio saranno di nuovo moschettieri. Un po’ attempati, cinici e disillusi, ma sempre abilissimi con spade e moschetti, richiamati all’avventura dopo oltre vent’anni dalla Regina Anna (Margherita Buy) per salvare la Francia dalle trame ordite a corte dal perfido Cardinale Mazzarino (Alessandro Haber) con la sua cospiratrice Milady (Giulia Bevilacqua). Affiancati nelle loro gesta dall’inscalfibile Servo (Lele Vannoli) muto, e da un’esuberante Ancella (Matilde Gioli), i quattro - in sella a destrieri più o meno fedeli - combatteranno per la libertà dei perseguitati Ugonotti e per la salvezza del giovanissimo, parruccato e dissoluto Luigi XIV. Muovendosi al confine tra eroico e prosaico, i nostri si spingeranno fino a Suppergiù, provando a portare a termine un’altra incredibile missione. Difficile dire se sarà l’ultima o la penultima.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Moschettieri del re - La penultima missione
GENERE
NAZIONE
Italia
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
Vision Distribution
DURATA
109 min.
USCITA CINEMA
27/12/2018
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2018
di Mattia Pasquini
 
Decine di film dedicati agli spadaccini creati da Alexandre Dumas nel lontanissimo 1844, eppure le loro avventure continuano a essere tra quelle che meno di altre patiscono le ingiurie del tempo. Anche quando costrette a subire trasformazioni impensabili (da Barbie a Topolino, da Richard Lester a James Whale fino a Paul W. S. Anderson), o quando rimaneggiate - con alterne fortune - in altre salse. Che è quello che sostanzialmente accade in Moschettieri del Re - La penultima missione di Giovanni Veronesi, che non vedevamo dal viaggio a Cuba del 2017, ma che sembra ancora una volta preda della voglia di raccontare la storia scelta più che attento alla forma da darle.
 
Non quanto altre volte, in realtà. Anche se nella cornice assemblata - curatissima, nonostante qualche caduta di stile - è evidente la grande cura a livello di scenografie, costumi e ambientazioni; pari a quella messa nel creare la strana commistione di personaggi classici e caratterizzazioni moderne, seppur non con lo stesso effetto. Purtroppo, infatti, la scelta di vestire ciascuno dei quattro protagonisti del loro dialetto - con l'eccezione del ridicolo italiano maccheronico del galletto D'Artagnan di Favino - a lungo andare si rivela una delle maggiori ingenuità del film.
 
Che non manca di offrire momenti divertenti e animati, proprio nei siparietti tra i quattro (soprattutto quando a esser coinvolti sono Mastandrea o Rubini), ma che allargando lo sguardo mostra non poche sconnessioni nella regia della vicenda. I singoli momenti non compongono una narrazione convincente, quanto piuttosto una sequela di capitoli che sicuramente omaggiano l'origine e il modello letterari (e trovano una spiegazione nel colpo di scena finale, che non riveleremo ma che balla sul filo dello stereotipo, per quanto coerente con il resto), pur non immuni dalla sensazione di vecchio che tende ad attanagliare i tentativi italiani di film in costume.
 
E dispiace, perché la presenza di un contraltare femminile importante del calibro di quello messo in campo da Margherita Buy, Matilde Gioli, Valeria Solarino e Giulia Bevilacqua è invece una variazione interessante che forse avrebbe potuto avere maggior fortuna. Resta, in compenso, l'encomiabile presenza di una serie di messaggi - più o meno subliminali - relativi ad accoglienza, migrazioni, guerre religiose, paura di invecchiare, fuga dall'insoddisfazione, amicizia che vengono lasciati alla sensibilità e in alcuni casi all'intuizione dello spettatore. Nella speranza che lo conquistino, ricevendone in cambio il lasciapassare per un'ultima missione prossima ventura tanto agognata dal regista.