La regola del silenzio

La regola del silenzio - Locandina

Jim Grant, uno degli ultimi fuggitivi dei tempi del Vietnam, ? ricercato per omicidio dopo una rapina finita male nel 1974. L'uomo si imbatte in un giovane reporter in cerca di una storia e dovr? abbandonare anni di vita da clandestino per un'avventura on the road attraverso l'America alla ricerca del suo passato.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
The Company You Keep
GENERE
NAZIONE
Stati Uniti
REGIA
CAST
DISTRIBUZIONE
01 distribuzione
DURATA
125 min.
USCITA CINEMA
20/12/2012
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2012

Robert Redford è uno che bisogna ammirare per forza. È stato una delle più grandi stelle del firmamento hollywoodiano e invecchiando ha assunto una gravitas completamente inedita, diventando il paladino del cinema indipendente americano con il suo Sundance e proseguendo in un discorso cinematografico fatto sì di grandi nomi, ma percorso da tematiche importanti che lo elevano al di sopra di tutti i grossi film di Studio.

The Company You Keep rientra perfettamente in questo cammino. Il film – interpretato da un cast stellare che annovera Shia LaBeouf, Stanley Tucci, Julie Christie, Susan Sarandon, Brendan Gleeson, Nick Nolte, Richard Jenkins e lo stesso Redford – ha il pregio di raccontare argomenti “pesanti” con una leggerezza narrativa da manuale. Redford si collega direttamente a un grande classico anni Settanta da lui interpretato, Tutti gli uomini del presidente, e sceglie come protagonista un giovane reporter (LaBeouf), intenzionato a scovare un ex membro dell'organizzazione di sinistra eversiva Weather Underground. L'uomo (Redford) si è nel frattempo rifatto una vita come avvocato e padre di famiglia, ma il passato torna a bussare alla sua porta quando una dei suoi vecchi compagni viene arrestata dall'FBI.

C'è la volontà di difendere il buon nome del giornalismo, non esente da critiche (il personaggio di LaBeouf sembra agire più per la gloria dello scoop che per idealismo) ma visto come unico mezzo per trovare la verità ed esporre gli errori del passato. Salta subito in mente un altro film visto al Festival, Disconnect: lì, si perpetrava il solito stereotipo del giornalista sfruttatore, qui al contrario si riconosce l'importanza dell'informazione. È interessante anche come, in un'epoca in cui il cinema americano va a caccia di Osama Bin Laden e dei suoi colleghi, Redford punti il radar sul terrorismo “di casa”.

Peccato che la tensione che si accumula per tre quarti della pellicola si sgonfi repentinamente in un terzo atto che tira il freno a mano e risolve tutto a tarallucci e vino. Quasi Redford avesse paura di portare tutto alle estreme conseguenze, accontentandosi di un finale per famiglie che configura il film più come un dramma che come un thriller politico. Resta un'opera discreta che intrattiene con classe, ma il cinema di denuncia anni Settanta a cui si rifà è ben lontano, e non solo nel tempo.

di Marco Triolo