Il padre e lo straniero

Il padre e lo straniero - locandina

Diego, impiegato romano con figlio disabile, conosce Walid, ricchissimo uomo d'affari siriano anche lui padre di un bimbo gravemente handicappato. Dalla stessa sofferenza nasce un insolita amicizia.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Il padre e lo straniero
GENERE
NAZIONE
Italia
REGIA
CAST
DURATA
110 min.
USCITA CINEMA
18/02/2011
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2011

Riadattando il libro "Il padre e lo straniero" di Giancarlo De Cataldo, venuto prima del fenomenale successo di “Romanzo Criminale”, Ricky Tognazzi ci racconta la storia dell'amicizia tra l'impiegato Diego (Alessandro Gassman) e Walid (Amr Waked), un misterioso uomo d'affari siriano. Entrambi sono padri di bambini disabili ma se il primo non riesce ad ammettere il proprio ruolo e sta fiaccando anche la relazione con la moglie (Ksenia Rappoport), il secondo lo vive con apertura e passione. Proprio lo slancio singolare di Walid conquista Diego che si lascia coinvolgere in una serie di scorribande in una Roma segetamente orientale e, perfino in Siria, senza porsi troppe domande.

Il confronto tra le due culture e le due paternità, disegnato in maniera impacciata nella prima parte del film, si trasfigura però in una spy-story quando Diego si improvvisa detective sulle tracce dell'amico inspiegabilmente scomparso e, a questo punto, ricercato dai Servizi Segreti per ragioni di sicurezza nazionale.

Una regia molto prossima alla fiction, si perde lo spettatore strada facendo per abbandonarsi alle correnti di suggestioni alterne. Intrigo? Poliziesco? Racconto di formazione? Storia d'amore? Parabola sull'integrazione razziale? Non si capisce. Gli improvvisi cambi di registro portano la nave alla deriva e a smarrire ulteriormente ci si mette una sceneggiatura precipitosa, disordinata e un pò arrogante che traccia personalità confuse con la convinzione apparente di spingersi lontano.

Alcuni dialoghi, come lo scatto d'ira di Diego ai danni di un prete o l'incontro con il capo dei Servizi/Leo Gullotta, risultano davvero improbabili, e addirittura grotteschi e, in trasparenza, tradiscono la sommaria vanità di un appello alla “volemose bene”. La cose francamente più irritanti sono la solenne serietà e il presunto guazzabuglio poetico di cui l'intera operazione si autoinveste.

Leggi qui il nostro incontro con il cast.