Damsels in Distress - Ragazze allo sbando

Damsels in Distress - Ragazze allo sbando - Locandina

Lily, matricola della Seven Oaks University, entra a far parte di un gruppo di studentesse individualiste e nostalgiche. Heather, Violet e Rose prestano volontariato nel Centro di Prevenzione Suicidi del campus convinte che della musica genuina, vestiti alla moda e una buona toilette possano contribuire a sedare gli impulsi autodistruttivi causati dal fallimento di una relazione sentimentale. Nonostante il loro parlare forbito e l'abbondante uso di costosi profumi, anche le tre ragazze verranno colpite dalla freccia di Cupido e saranno costrette a venire a patti coi propri sentimenti.

VALUTAZIONE FILM.IT
TITOLO ORIGINALE
Damsels in Distress
GENERE
NAZIONE
Stati Uniti
REGIA
CAST
SITO UFFICIALE
DISTRIBUZIONE
Warner Bros
DURATA
98 min.
USCITA CINEMA
01/08/2012
ANNO DI DISTRIBUZIONE
2011

I film di Whit Stillman non hanno mai né capo né coda, quindi aspettarsi di capire dove anche questo “Damsels in Distress” voglia andare a parare è pura illusione. Una ragazza si unisce a un gruppetto già collaudato di tre sue simili al college e questo, se fossimo in un liceo, sembrerebbe l'incipit di prodotti per adolescenti assolutamente geniali come “Mean Girls” o “Schegge di follia” (e non a caso uno dei personaggi si chiama Heather). Ma “Damsels in Distress” non ha né la geniale arguzia della sceneggiatura di Tina Fey, né tantomeno il coraggio al vetriolo di “Heathers”. E va aggiunto che non può contare nemmeno nel suo cast di attrici dall'inestimabile talento in erba come era più che palese con gli altri due film citati.

Un continuo e saccente bla bla che dovrebbe essere divertente, ma che invece snocciola il più verboso e fastidioso umorismo radical chic viene somministrato allo spettatore da una Greta Gerwig che a un'analisi superficiale potrebbe anche apparire bravina, ma che poi è l'ennesima nuova attrice che recita solo con la faccia – e in questo ruolo la fisicità le era molto richiesta. Analeigh Tipton invece è una consolazione: portata alla ribalta da “America's Next Top Model”, è la dimostrazione che non solo in Italia i reality danno subitanea fama e possibilità di lavorare nel cinema a persone senza talento. Molto meglio allora la sconosciuta Carrie MacLemore, relegata in un ruolo di secondo piano molto simile a quello che fu di Amanda Seyfried sempre in “Mean Girls”. Ovviamente poi arriva Adam Brody e insegna come si interpreta a tutte quante.

Con costumi ripetitivi nemmeno fossero personaggi dei fumetti e un paio di personaggi marginali molto azzeccati, il film fa un uso delle musiche come il più banale degli otaku degli anni Novanta, ma non è solo questo che lo relega in un'epoca risalente a due decenni fa: è terribilmente statico, persino nelle forzate scene di tap dance, e il citazionismo è stantio e appiccicato.

di Federica Aliano