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Rango - La nostra recensione

Il west di Rango è una frontiera da cui non si vorrà far ritorno: un luogo anomalo, fantasioso, cinematografico in cui per diventare leggenda bisogna prima diventare adulti

Rango

10.03.2011 - Autore: Ludovica Sanfelice
“Io sono grande, è il terrario che è troppo piccolo per me”. Parafrasando le frustrazioni megalomani di Norma Desmond, ecco a voi “Rango”, il piccolo camaleonte protagonista dell’ultimo film di Gore Verbinski che, come si è capito, è in crisi d’identità. Non è facile esprimere l’artista versatile che è in lui quando si è chiusi in una scatola di vetro di 50 centimetri. La sua casa è un terrario, lui ama il cinema, il teatro, la messa in scena e fa quel che può con gli strumenti di cui dispone. La fantasia non gli manca ma la sua troupe lascia un po’ a desiderare e, anche se non lo sa, pure lui deve affinare le sue tecniche attraverso quell’esperienza che solo la vita vissuta concede.

Rango

Un incidente inatteso però gli offre la possibilità di diventare il protagonista di un’epica storia di genere western. Cavalcate oltre il tramonto, leggende di confine, pistoleri fuorilegge, saloon e persino mariachi pronti a saccheggiare il repertorio di Morricone per cantare il suo destino. Un destino che lo conduce nella città di Polvere dove la gente sta affrontando una terribile siccità. E’ la sua occasione: potrebbe spacciarsi per il tanto atteso salvatore, ma ad offuscare il suo scintillante percorso verso la gloria ci si mette quella fantasia sfrenata, la vanità da primadonna indiscussa dello show, e la modesta contraffazione cui la sua natura camaleontica lo condanna. Ma il viaggio dell’eroe non è tale se non c’è il conflitto: è dopo aver misurato i propri limiti, dopo aver assaporato l’umiliazione e la sconfitta, che il prode imparerà dal fallimento e avrà finalmente un’identità, arma necessaria per affrontare la prova finale.

Rango

Così si scrive una storia che meriti di essere raccontata e Rango lo impara sulle sue pelli in un racconto di formazione e catarsi camaleontica quanto lui. Un’avventura colorata che attraversa il cinema con un’esplosione di citazioni, un pastiche di linguaggi che combina metaracconto, toni alti e demenziali, e si fa commedia picaresca, irriguardosa e semiseria al tempo stesso. La sceneggiatura è gioiosa, quasi eroica nel cavalcare per sentieri meno battuti e trasuda efficacemente l’entusiasmo di una genesi creativa fatta di amore per il vecchio cinema e di attenzione per il suo futuro.

Rango

Impressionante è anche la cura per i personaggi e la loro evoluzione adulta e complessa. Sergio Leone, John Huston, Clint Eastwood, Sam Peckinpah, Billy Wilder, Francis Ford Coppola, Steven Spielberg, George Lucas, Tim Burton, John Lasseter… tutti trovano voce nel west di "Rango", la forma invece arriva dalla bella animazione dell’Industrial, Light & Magic (senza 3D) e viene resa potente e umanissima da una tecnica che il regista ha definito Emotion Capture. Funziona così: si chiamano gli attori, non gente qualunque possibilmente (in questo caso Johnny Depp, Alfred Molina, Isla Fisher, Abigail Breslin, Bill Nighy…), che oltre a doppiare il film interpretino il loro ruolo su un set di fortuna. Questo laboratorio teatrale verrà registrato e chi animerà le immagini si servirà da questo ricco piatto per trovare spunti, ispirazioni, forza espressiva, vita da iniettare negli animaletti antropomorfi che sfilano sulla scena.

Il risultato è così anomalo e poco ruffiano che ci si chiede a quale target sia davvero diretto mentre si spera che le sale si riempiano. Nessun sospetto invece sul fatto che i componenti della troupe, Verbinski in testa, si siano divertiti come matti.

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Rango" sarà distribuito nei cinema dalla Universal Pictures

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