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Qualunquemente - La nostra recensione

Cetto La Qualunque sbarca nelle sale con la sua meschinità e la sua cialtroneria. Si ride "senzadubbiamente" anche se è difficile considerare cinema ciò che cinema non è

Qualunquemente - Antonio Albanese

22.01.2011 - Autore: Ludovica Sanfelice
Un trionfo di volgarità, machismo fiero e gagliardo, di ignoranza e corruzione, di erotomania e menefreghismo è la ricetta programmatica con cui Cetto La Qualunque si candida alle elezioni comunali di Marina di Sotto, paesino neanche troppo immaginario della Calabria, gemellato con Weimar. Non lo fa per vocazione politica, idealismo o spirito di bandiera. Lo fa per difendere eroicamente i propri interessi da un’inaccettabile ondata di legalità che minaccia lui, i suoi possedimenti, la sua cricca di lacchè. E lo fa solo dopo aver a lungo riflettuto in una vasca idromassaggio piazzata nel giardino della sua villa barocca, cafona e piena di tesori trafugati, mentre è in compagnia di ragazze compiacenti che lo ispirano ad affrontare una campagna al grido di “più pilu e cemento armato”.

Antonio Albanese in Qualunquemente

Com’è imbarazzante rintracciare in questa tragica maschera il ghigno sghembo di una realtà che va oltre la fantasia. Siamo più brutti di quanto ammettiamo, ma abbiamo ancora una speranza in quella risata che se non ci seppellirà, ripristinerà un senso del ridicolo. Almeno si spera. Famiglia, religione, sanità, stupro del territorio, disponibilità al clientelismo, informazione mistificata, idolatria del potere: Antonio Albanese va a tutto campo e, con la sensibilità che distingue la sua arte straordinaria, si scatena in un corpo a corpo con i residui di civismo e cultura, di buonsenso e repulsione, perché tornino ad animarsi, perché resistano ostinatamente alle provocazioni contorte e avverbiali del suo politico impunito e scostumato. Il soffio vitale di “Qualunquemente” è il paradosso, il limite è quello più ovvio di un film che vive di gag nate in tv e vissute nei teatri.

Sergio Rubini in Qualunquemente

L’incursione sul grande schermo finisce così per scivolare in uno schema rigido e "Albanese-centrico", malgrado la regia cerchi di smarcarsi con mirabile energia da questa trappola provando a costruire intorno a lui spazi cinematografici. Cetto, immerso nel suo ambiente, circondato dalle sue improbabili famiglie, imboccato dal suo coach elettorale che rinnega le origini meridionali (Sergio Rubini), assume una dimensione più tragica del previsto che senzadubbiamente risulta anche molto comica e popolare. Nell’insieme però l’ipotesi che possa realizzarsi nel lungometraggio è azzardata. La Fandango, comunque, si è assunta questo rischio e lo ha affrontato e sostenuto con l’ironia virale di una campagna pseudo-politica fatta di manifesti elettorali del candidato La Qualunque che certamente saprà rastrellare un suo solido elettorato.

A seguire il video con il backstage del film:

                 

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