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127 Ore - La nostra recensione

Dal melodramma corale di "The Millionaire" a una storia intimista sorretta dal solo James Franco: Danny Boyle dimostra ancora una volta di essere uno dei registi più eclettici in circolazione

127 Ore - James Franco

28.02.2011 - Autore: Marco Triolo, nostro inviato al TFF
Come si dice a volte, via il dente via il dolore. Lo sa anche troppo bene Aaron Ralston, protagonista di una storia vera che ha dell'incredibile e che lui stesso ha raccontato nell'autobiografia “Between a Rock and a Hard Place”. Danny Boyle l'ha scelta come soggetto per il suo nuovo film, “127 Ore”. Un lavoro che già sarebbe imperdibile come dimostrazione dell'ecclettismo di Boyle, capace di passare dalla coralità caotica di un'opera come “The Millionaire”, all'intimismo di quest'ultima fatica. Sorretta praticamente da un unico attore, James Franco.

Danny Boyle e il vero Aron Ralston

127 Ore”, presentato anche al Torino Film Festival, è la storia della sopravvivenza di un uomo in un ambiente ristretto e ostile, e per molti versi può essere paragonata a un altro thriller claustrofobico uscito di recente, l'ottimo “Buried” (qui la nostra recensione). Franco interpreta Ralston, esperto alpinista che durante una gita rimane intrappolato in un angusto canyon, con il braccio bloccato sotto un enorme masso. Ralston le prova tutte per divincolarsi e, razionando l'acqua e il cibo, riesce a sopravvivere per cinque lunghi giorni. Finché non decide di compiere un gesto estremo...

Una scena di 127 Hours di Danny Boyle

La realtà che supera la finzione: Boyle lo sa benissimo e non dovendo darci a bere nulla, decide di scatenarsi e sperimenta uno stile adrenalinico fatto di split screen, flashback, accelerazioni, visioni oniriche e inserti di found footage, frullando tutto in maniera esaltante e condendo con un digitale che permette immagini nitide e vivide anche nelle sequenze più buie. Un linguaggio che da solo rende alla perfezione la discesa negli inferi della pazzia di un uomo costretto a guardare in faccia la morte senza speranze di poterla schivare. Per questa sua capacità di raccontare l'umano, “127 Hours” non è tutto stile e niente sostanza. Anzi, va in profondità, tocca letteralmente corde dolorose e fa riappacificare il genere umano con il suo atavico istinto alla sopravvivenza.

Un'impresa che riesce anche grazie a James Franco, mai così bravo nel giostrarsi tra il registro scanzonato del primo atto e quello ben più drammatico – ma con guizzi surreali e ironici – della seconda parte. Da segnalare in particolare una scena in cui l'attore intervista se stesso, simulando un talk show televisivo con tanto di risate pre-registrate.

James Franco in 127 Hours

127 Ore” è un film doloroso e percorso da una violenza, tanto psicologica quanto grafica, che lo renderanno ostico per chi non ama venire sconvolto al cinema. Un'opera che però ha il raro dono di far sentire lo spettatore intrappolato con il protagonista, tanto che la liberazione finale arriva come una boccata d'aria fresca, in una sequenza trionfante che cancella l'olezzo di morte e spalanca le braccia alla vita.

La pellicola è distribuita dalla 20th Century Fox

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