
La più importante qualità di questo suo ultimo, ipnotico lungometraggio è che costringe lo spettatore a riflettere su molte questioni esistenziali. La legittima volontà di scoprire le nostre origini, la ricerca della natura prima dell'essere umano: più che fornire risposte preconfezionate, “Prometheus” getta al contrario il seme del dubbio e forza verso domande ontologiche di sorprendente profondità. Quale deve essere, in particolar modo, il rapporto dell’essere umano con ciò che trascende la sua logica e la sua natura terrena? È fuor di dubbio che “Alien” e “Blade Runner” riuscivano in questo intento attraverso percorsi più sottili e poetici, ma anche quest'ultimo film riesce comunque a scuotere come gli altri due fecero a suo tempo. La sceneggiatura, scritta tra l’altro da una penna interessante quale Damon Lindelof, è di certo attenta ai meccanismi del genere e alle necessità spettacolari del prodotto di consumo, ma comunque riempie la trama di rimandi e sfumature che meritano una notevole attenzione nell’analisi.

Oltre il discorso concettuale c'è però anche quello puramente estetico. Se Ridley Scott con i capolavori sopra citati ha contribuito in maniera decisiva alla creazione dell'universo fantascientifico/distopico come noi oggi lo conosciamo, bisogna ammettere che “Prometheus” non possiede questa spinta innovativa, ma piuttosto si allinea a quanto i nuovi classici di fantascienza hanno settato a livello di immaginario. Anche se visivamente portentoso, il film non regala mai o quasi allo spettatore quel senso di fascinazione che le opere-spartiacque sanno regalare. Forse perché lo stesso Scott, nel corso degli anni, ha sviluppato una poetica dell'immagine che ha perso la sua decadente eleganza per diventare più patinata.

Seppur per motivi differenti da quelli che avevamo ipotizzato, “Prometheus” si è rivelato un lungometraggio sorprendente: ci aspettavamo cinema di immagini grandiose e magari di storia solamente funzionale, e invece ci siamo ritrovati irretiti dalla potenza evocativa della trama e delle sue implicazioni esistenziali. La confezione è di qualità sopraffina, come sempre nei film di Ridley Scott, ma stavolta non è la ragione prima del suo lavoro né tanto meno il motivo per cui il prodotto rimane nel cuore di chi guarda. L'emozione primaria deriva dal dubbio e dai quesiti che “Prometheus” sa porre, e questo è ciò che il grande cinema sa fare meglio. Se non vi convincerà del tutto la prima volta il consiglio è di tornare al cinema a rivederlo: è un film denso, profondo, che contiene più strati e più significati di quanti non ne mostra in superficie. Noi lo abbiamo amato, ma torneremo lo stesso per coglierlo più in profondità.
In uscita il 14 settembre, “Prometheus” è distribuito in Italia da 20th Century Fox. Qui ne potete vedere il trailer.