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Lasciami entrare

Tratto dall'omonimo libro di John Ajvide Lindqvist arriva nelle sale italiane l'horror campione d'incassi in Svezia e diretto da Thomas Alfredsson definito, nel nord Europa, lo 'Stephen King scandinavo'

Lasciami Entrare

08.01.2009 - Autore: Andrea D'Addio


  Con questa strofa (tradotta in inglese) comincia la canzone di Morrisey “Let the right one sleep in”, ispirazione per il titolo originale del film di Thomas Alfredsson. Anzi, ancor prima della pellicola, c’è stato l’omonimo libro di John Ajvide Lindqvist, definito, nel nord Europa, lo “Stephen King scandinavo”, che si è preso poi anche la responsabilità della redazione della sceneggiatura del racconto su grande schermo. Dicevamo della canzone di Morrisey: nella strofa citata non c’è solo il verso che da il titolo (“Che arrivi quello giusto”), ma anche la struttura portante di questa storia che sta riscuotendo ovunque grandissimo successo (conteso tra festival, ha ricevuto il Premio del pubblico a Toronto).

Due personaggi: un bambino e quella che apparentemente sembra una sua coetanea (ma che in realtà è una vampira che non può crescere); due solitudini diverse che lottano contro un “esterno” che li vuole emarginati, puniti dal bullismo il primo, dalla sua stessa unicità (costretta a vivere di sangue e luce in un mondo di “normali”) la seconda. La violenza è dietro l’angolo. Se lui è frustrato dalla prepotenza di compagni di scuola che fanno il loro essere “gruppo” (idiota), lei con il suo imprescindibile legame con in sangue può diventare la sua ancora di salvezza e protezione.

Alfredsson gestisce al meglio questa dinamica gestendo con cura i pochi elementi a disposizione. Al centro del tutto, la gelida ambientazione della periferia di Stoccolma che diventa non solo lo sfondo cromatico perfetto per far risaltare il rosso di corpi incisi da canini assetati, ma si rivela anche un ottimo pretesto per rallentare l’azione e gli eventi. tanto è rarefatta l’aria, tanto sono sofferte le decisioni, i silenzi, le vite non dette e le richieste di aiuto.

Senza scadere mai nella spiegazione diretta e grezza, “Lasciami entrare” lavora spesso per sottrazione, lasciando pause, non dicendo, ma suggerendo attraverso le immagini e la fotografia. Sembra impossibile credere a quanto dichiarato da Alfredsson, ad una presentazione per la stampa,  a proposito dei film sui vampiri (“Non ne ho mai visto nessuno”), ma è senza dubbio vero che il suo modo di trattare l’argomento, un salendo di suspanse in cui l’intervento del “mostro” viene quasi agognato dagli stessi spettatori, ribalta i ruoli bene/male facendo perno sull’amore a scapito di una violenza che viene per certi versi “giustificata”. Dopotutto, la canzone di Morrisey finiva proprio così: “Cosa ti ha trattenuto così a lungo?”?
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