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La maturità di Ben

Doloroso e funereo, "Gone Bay Gone" è l'esordio alla regia di Ben Affleck. Un attore divenuto cineasta di spessore.

Gone Baby Gone

02.04.2008 - Autore: Adriano Ercolani
Se dopo i clamori dell’essere star, e le conseguenti cessioni al sistema commerciale hollywoodiano, non si raggiunge poi una maturità personale ed artistica, a nostro avviso non si può arrivare a dirigere un film come questo “Gone Baby Gone” (id., 2007). Dopo aver visto questo noir durissimo e coraggioso, c’è da credere (è più che una speranza) che Ben Affleck abbia fatto quel salto che lo proietta dall’essere non più la solita, eterna promessa non mantenuta, ma un cineasta di spessore molto più sostanzioso di quanto onestamente ci si potesse aspettare.

Tratto dal romanzo “La casa buia” di Dennis Lehane – lo stesso da cui Eastwood ha tratto il suo capolavoro “Mystic River” (id., 2003) e da cui Scorsese sta girando “Shutter Island” – questo noir venato di notevoli tinte melodrammatiche è un film coraggiosissimo, che si prende la responsabilità delle questioni che propone senza per questo essere un’opera predicatoria, tutt’altro.

Gone Baby Gone” racconta senza concessioni una storia che in molti momenti si fa durissima, e mette lo spettatore di fronte a situazioni radicali, evitando però sempre la facile scorciatoia del sensazionalismo. Affleck costruisce un puzzle intessuto di una disperazione sempre presente, che rende il suo lavoro un’opera difficilmente dimenticabile; la sua regia è sempre controllata, suadente, memore della lezione “classica” del precedente adattamento di Eastwood. Seguendo le direttive estetiche del cineasta più esperto di lui, l’esordiente sceglie giustamente di stare attaccato ai suoi personaggi, e soprattutto al protagonista Patrick, una figura dalla complessità psicologica davvero inusitata, che si erge ad “eroe” quando accetta il peso delle proprie scelte e ne paga le conseguenze .

A dare volto a questa magnifica figura in chiaroscuro Casey Affleck, straordinario nel mescolare la durezza dell’io interiore alla sua fisicità macilenta, quasi fragile. Questo è davvero il film che può consacrare definitivamente un giovane attore che, dopo l’altra grande prova de “L’assassinio di Jesse James” (The Assassination of Jesse James, 2007) può a buon diritto essere considerato la sorpresa di questa stagione cinematografica, insieme ad Emile Hirsch.
Accanto a Casey un cast molto eterogeneo ma perfettamente equilibrato composto da attori di lusso e bravura come Ed Harris, Morgan Freeman, Michelle Monaghan ed Amy Ryan.

Doloroso e funereo, “Gone Bay Gone” è anche sorretto da una confezione ineccepibile, che si poggia sulla fotografia delicata ed intensa di un grande direttore come John Toll.
Anche se non è di certo una pellicola di facile collocazione nel mercato più grosso, l’esordio alla regia di Ben Affleck merita di essere supportato dagli addetti ai lavori perché è un’opera di enorme fattura, sia artistica che nei contenuti, assolutamente non “facili” ma proposti in maniera contraddittoria e sincera, quindi democraticamente aperta al dibattito.
Gone Baby Gone” è un film che va visto e meditato, ma che soprattutto va amato nel suo essere cinema forte, disperato, prezioso.

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