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La collina dei papaveri - La nostra recensione

Goro Miyazaki coglie lo spirito Ghibli al suo secondo lungometraggio, scritto dal padre Hayao

Dalla collina dei papaveri

06.11.2012 - Autore: Marco Triolo
Studio Ghibli, uno nome, una garanzia. Goro Miyazaki torna alla regia per il suo secondo lungometraggio, dopo il non troppo amato I racconti di Terramare, ma stavolta abbandona del tutto gli elementi fantastici tipici di tanta produzione dello studio di papà Hayao. Affidandosi a una sceneggiatura scritta dallo stesso padre, Goro firma stavolta un'opera riuscitissima, commovente ma allo stesso tempo divertente e poetica, come nella migliore tradizione Ghibli.

La collina dei papaveri recensione Miyazaki Studio Ghibli - Una scena del film

Tratto dal manga di Tetsuo Sayama e Chizuru Takahashi, La collina dei papaveri racconta la storia di due ragazzi nel Giappone del dopoguerra. Siamo nel 1964, per la precisione, l'anno delle Olimpiadi di Tokyo che nel film simboleggiano la ricostruzione e il passaggio al Giappone moderno e a un domani pieno di speranza. Umi è una ragazza di diciassette anni che vive in una villa che sovrasta la baia di Yokohama, dove abita con altre ragazze e l'anziana tenutaria. Presto si fa coinvolgere nella crociata degli studenti maschi del suo liceo, intenzionati a impedire la demolizione del loro vecchio circolo, il Quartier Latin, destinato a fare spazio a una nuova struttura. Accanto a lei in questa lotta c'è il compagno di classe Shun, di cui Umi si innamora, ricambiata. Ma i segreti del passato potrebbero impedire il loro amore...

Ci sono in ballo le rivolte studentesche degli anni Sessanta nel film, ma lo sguardo è tipicamente giapponese: se in America l'ondata rivoluzionaria aveva come primario obbiettivo quello di cancellare l'antico per far posto al nuovo, qui gli studenti si fanno difensori di una tradizione che non va cancellata, ma salvaguardata e capita. Perché “se non comprendiamo il passato non può esserci un futuro”. In fondo, anche se manca il tono fiabesco delle produzioni di Hayao Miyazaki, ritroviamo la stessa urgenza di legare passato, presente e futuro. Che in Princess Mononoke o La città incantata, o ancora Il mio vicino Totoro, il concetto sia comunicato attraverso un contrasto tra natura selvaggia e progresso, magia e modernità, poco importa. Si tratta solamente di scelte espressive, ma il concetto di fondo non cambia.

La collina dei papaveri recensione Miyazaki Studio Ghibli - Una scena del film

Non siamo dunque dalle parti di Una tomba per le lucciole, altro capolavoro Ghibli diretto da Isao Takahata. Pur essendo ambientato nel Giappone del dopoguerra, il film di Takahata era tremendamente cupo e senza speranza, mentre questo La collina dei papaveri è un vero “feel good movie” che non teme di avventurarsi anche nel melodramma (come scherza Shun) e trattare anche di striscio un tema delicato come l'incesto. Per carità, sempre all'interno di un film per famiglie, ma il coraggio non manca. La splendida colonna sonora tra il jazz e il beat di Satoshi Takebe avvolge il tutto, e contribuisce a donare al film un'atmosfera movimentata e colorata quanto la natura e i tramonti, disegnati come sempre divinamente. Studio Ghibli, un nome, una garanzia.

La collina dei papaveri sarà distribuito nelle sale da Lucky Red per un solo giorno, il 6 novembre. Potete prenotare il vostro biglietto qui.