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Salvo: un samurai dalla mafia ai miracoli

Dalla Sicilia, la prima pellicola italiana presentata al Festival di Cannes schiva i toni da film di genere, puntando invece al lato spirituale di un sicario

Salvo

19.05.2013 - Autore: Pierpaolo Festa, da Cannes
Da lontano Salvo sembra il classico mafia movie, un film di genere in cui bande di selvaggi si scaricano a vicenda una pioggia di pallottole, inseguendosi nelle strade di una Palermo deserta dove la criminalita’ e’ sovrana. Tutto questo accade (solo) nelle prime sequenze della pellicola. I due registi siciliani - Antonio Piazza e Fabio Grassadonia - preferiscono, invece, aprire un porta verso tutt’altra dimensione cinematografica. E' così che dopo un notevole piano sequenza di diciotto minuti, Salvo va letteralmente alla ricerca del miracolo, attraverso un colpo di scena inedito.

“La storia del ‘film di genere’ e’ una specie di esca – raccontano i registi - All'inizio vi facciamo entrare in una sorta di film d'azione. Subito dopo vi mostriamo qualcosa di sorprendente e diventa un altro film con tempi e obiettivi diversi”. Presentato come evento di apertura alla Semaine de La critique di Cannes, Salvo e’ ambientato in una Palermo infernale con tanto di voci martellanti alla radio alle prese con bollettini meteo che annunciano temperature superiori a quaranta gradi: “Volevamo delineare un certo tipo di atmosfera e di notizie, le solite che si sentono in Sicilia d'estate. Questo ci ha aiutato a rendere la “stupidita’ del mondo all’interno del quale il protagonista si muove”.

Il protagonista che da' il titolo al film e’ un sicario dal grilletto facile, uno di quelli che ogni criminale vorrebbe al suo fianco come scudo impenetrabile. Un uomo il cui modus operandi ricorda quello del Jean Reno sterminatore in Nikita: “In realtà lo abbiamo pensato come Alain Delon in 'Le samurai’ di Melville. Una macchina spietata che da sempre fa quel lavoro, ma c'è qualcosa nel suo animo di cui lui non è consapevole. Piu’ si va avanti nel film, piu’ ci si rende di quanto lui soffra. Abbiamo deciso di omaggiare Melville sin dalla scena di apertura in cui inquadriamo Salvo alle prese con le sue notti insonne”.

In un piccolo ruolo c’e’ anche Luigi Lo Cascio: “Abbiamo giocato con Luigi, perchè in passato lui ha incarnato spesso la figura del giusto. In Salvo, invece, è un bottegaio palermitano con un rapporto di attrazione/paura nei confronti del killer. Un personaggio che rispecchia il rapporto del piccolo borghese palermitano con il potere”.

Il cuore del killer riprende a battere con un miracolo: e’ una metafora sull’unica speranza per debellare la mafia? Risposta: “Non crediamo in rigenerazioni sociali o politiche, crediamo nel cambiamento che può accadere per uno specifico essere umano. Soprattutto rispetto a un incontro con un’altra persona. Come accade in questo film”. 

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