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"Volevo fare l'esploratrice", Claudia Cardinale racconta la sua storia dalla Tunisia a Hollywood

Paul Newman, Rock Hudson, Steve McQueen, Delon e Belmondo la star del Monte-Carlo Film Festival non dimentica nessuno, e continua a seguire il suo destino

10.03.2016 - Autore: Mattia Pasquini (Nexta)
Tra i protagonisti del All Roads Lead to Rome della regista svedese Ella Lemhagen, Claudia Cardinale è sicuramente una delle presenze più belle e importanti del Monte-Carlo Film Festival de la Comédie di Ezio Greggio. Senza nulla togliere a Robert Davi, Claude Brasseur, Billy Zane, Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, incontrarla dà una emozione particolare. E viene voglia di restare in silenzio ad ascoltare i tanti ricordi di una vita dedicata al cinema, quasi per caso, e dei tanti amici conosciuti sui set di tutto il mondo: tutti grandi nomi che abbiamo amato tanto, quasi quanto lei, che ancora ne serba un ricordo affettuoso. E divertente. Come scopriamo parlandone, a partire dall'ultima esperienza vissuta. Ancora una volta tra Hollywood e l'Italia
 

Com'è stato lavorare con cast internazionale, nel quale c'era anche il nostro Raoul Bova?
Una esperienza incredibile, anche per il fatto di esser stata molto invecchiata nel film, con rughe e capelli bianchi, e vestita in un modo orrendo. Ma ho avuto un rapporto splendido con Rosie Day, la mia partner di scena piena di piercing, e con Raoul Bova ovviamente. È sempre la cosa più importante il riuscire ad andare d'accordo con gli attori…

Le è capitato che non succedesse? Di rifiutare un set?
No, mai. Per me la cosa importante è lo script, se non mi piace chiudo e nemmeno incontro il regista. Se invece mi piace, allora ne parliamo. Ma poi, sul set, devi comunque stare di fronte a un'altra persona e se non ti dice niente, anche con lo sguardo, diventa un problema. E il film ne risente.

Quindi anche in quest'ultimo caso è stata convinta dallo script?
Si. Inizialmente non li conoscevo, ma mi è piaciuto lo script. Mi hanno cercata tanto, sono stati molto simpatici. Il fatto è che mi arrivano tanti copioni e io tra poco compirò 78 anni… Eppure continuo a lavorare. È pazzesco! Anche perché in genere le donne già ai sessanta iniziano a lavorare meno, a differenza degli uomini.

Quindi è una scelta la sua, una volontà precisa? Come lo scegliere spesso attori e registi giovani?
Si, certo, ma non lavoro solo con i giovani, ovviamente. Prima che morisse ho lavorato anche con Manoel de Oliveira, quando aveva 102 anni. Dopo ogni scena mi baciava sulla bocca; e prima di venire sul set andava sempre in piscina a nuotare. È stato un grande regista e una persona stupenda. Quando è morto ho pianto. L'avevo incontrato al Festival di Venezia del 2014, che lo omaggiava, e mentre ero in platea con Brad Pitt e Angelina Jolie lui dal palco ha detto che tra tante attrici gli piaceva proprio Claudia Cardinale. Gli ho lasciato un biglietto in albergo per ringraziarlo e lui mi ha chiamato per il film.
 

Anche hollywood ha subito il suo fascino, più volte…
Si, mi invitano spesso. L'ultima volta che sono andata a Los Angeles era per l'Oscar onorario di Piero Tosi, mio costumista in tanti film. Mi ha chiamato per dirmi che non sarebbe potuto andare e per chiedermi di andare in sua vece. È stata una cosa incredibile. Anche perché, per me, lui è davvero un grande.

E di quegli anni, che ricordi ha?
Tanti. Ancora oggi. Mentre ero lì la Universal voleva che firmassi un contratto, ma io ho rifiutato perché sono europea! Di allora ricordo con piacere tante persone stupende. Come Paul Newman, che mi aveva dato la sua villa. Poi conoscevo bene Steve McQueen, che si recava spesso a Roma per provare le Ferrari. Quando passava a trovarmi mi portava sempre la stessa cosa: casse di calze! Ma non ne so il motivo! Ultimamente gli hanno reso omaggio a Parigi e mi hanno invitato, e in moltissime delle foto esposte eravamo insieme, proprio perché era sempre a casa mia.

Tanti grandi amici, insomma?
E Alain Delon, Jean-Paul Belmondo, Rock Hudson… con lui quando vivevo lì se eri omosessuale non lavoravi, per cui facevamo finta di stare insieme. Pranzava e cenava da me, andavamo per strada a braccetto. È stato un grande amico anche lui, ero accanto a lui quando è morto…

È tutta la vita che viaggia, gira il mondo, se lo aspettava?
Il mio sogno da giovane era di fare l'esploratrice. E, in fondo, ci sono riuscita. Ho lavorato persino in Australia con Alberto Sordi! Quando camminavamo per strada la gente veniva a toccarci, per toccare un pezzo di Italia. Non l'avevano mai conosciuta, essendo partiti prima della guerra in molti ed essendo tanto lungo il viaggio. Ci sono stata parecchie volte. Ma non sapevo ci fossero tanti italiani.

Quindi ha scelto dei film anche perché le permettevano di esplorare nuovi paesi?
Sicuramente. La più bella avventura è stata in Amazzonia, con Werner Herzog, per Fitzcarraldo. Con tutte le scimmie che ci saltavano addosso. E non c'era niente da mangiare… A Manaus eravamo contenti di aver persino trovato un ristorante italiano, ma non era vero!

C'è un posto dal quale sarebbe voluta scappare?
No, a me piace molto l'avventura. Mi piace anche il pericolo. Per questo nei miei film facevo io stessa le scene pericolose… Sono un po' pazza. Anche nel mio primo film americano - Il circo e la sua grande avventura del 1964, con Rita Hayworth e John Wayne - ho fatto delle cose… Sono addirittura entrata nella gabbia dei leoni a baciarli. Il regista era preoccupatissimo, ma io sono sempre stata un maschiaccio!

Qualcosa che sembra avere in comune con Jean Paul Belmondo, come abbiamo visto nel documentario che lo racconta!
Si, ne abbiamo fatte di tutti i colori! Per Il clan dei marsigliesi, nel 1972, mi disse di sedurre il regista (José Giovanni, ndr), di sorridergli, e mentre io lo distraevo lui gli spostava tutti i mobili fuori dalla casa…

Cosa consiglierebbe a una ragazza che volesse diventare Claudia Cardinale?
Prima di tutto di essere molto forte, soprattutto 'dentro', per non perdere la propria personalità. È la cosa più importante. Ho fatto il cinema anche per poter vivere più di una vita sola - e io fino a adesso ne ho vissute 155! - e davanti alla macchina da presa devi saper essere un altro, ma quando finisci devi poter essere te stessa.

Dopo 155 vite oggi qual è la sua?
Mi occupo di tanti progetti umanitari, dell'aids, dei bambini cambiogiani, di Amnesty International, delle donne. Cerco di essere la voce di chi non può parlare.

Le resta un sogno da coronare?
No. Io sono nata in Tunisia e in arabo si dice Maktub, il destino. Se non l'hai fatto è perché non dovevi farlo.

 
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