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Thom Zimny ci racconta la promessa di Springsteen

Abbiamo incontrato il regista di "The Promise: The Making of Darkness on the Edge of Town", documentario inserito all'interno del nuovo cofanetto del Boss, appena distribuito dalla Sony Music

Bruce Springsteen

16.11.2010 - Autore: Pierpaolo Festa e Rüdiger Sturm
Bruce Springsteen come non l’avete mai visto prima: non sul palco pronto a infiammare una platea di sessantamila persone e nemmeno appena sceso da una limousine per affrontare centinaia di paparazzi sul red carpet. Eccolo invece di trent’anni più giovane mentre continua a gridare al suo batterista da dietro un vetro: “Stick!”. Erano ormai sedici ore che Bruce, Max Weinberg e tutto l’entourage stavano cercando di capire come fare a ottenere il sound perfetto per la batteria, un suono che non fosse soffocato dalla moquette che negli anni Settanta ricopriva interamente gli studi di registrazione : “Quello era un sound troppo asciutto – ci racconta Thom Zimny, regista di 'The Promise'-  Bruce ne voleva uno più vivo. Quella sequenza racconta di sedici ore… ci hanno messo un anno a chiudere l’intero album”.

Bruce Springsteen nella copertina di Darkness on the Edge of Town

Darkness on the Edge of Town”, il quarto album del Boss uscito nel 1978 è da oggi disponibile in un’imperdibile edizione composta da tre CD e tre DVD: “Non esiste altro materiale di questo genere – continua Zimny – è davvero unico, dal momento che quella fu l’ultima sessione di registrazione filmata all’epoca. La successiva risale solo a due anni fa con ‘Working on a Dream’”.  Tante le sequenze da antologia, su tutte un duetto tra Bruce e il suo “consigliori” Steve Van Zandt mentre eseguono una delle prime performance di “Sherry Darling”: “Un momento che non ha prezzo se siete dei fan. Se non lo siete, però, non potrete negarne l’immensità”.

       

Ha lavorato tanto nel raccogliere questi preziosi materiali video e adesso il documentario è stato presentato ai Festival di Toronto, Londra e Roma. Ci racconti un po' il suo approccio a questo progetto...
Lo scopo era raccontare una storia diversa. E' stata un’esperienza fantastica per me. Vedere il film è come avere accesso ai sentimenti più profondi di Bruce e capire meglio il suo processo di scrittura. Devo anche dire che vedere le immagini dell’epoca che documentano la sua amicizia col manager Jon Landau è stato di grande ispirazione. Proprio come mettere insieme dei pezzi di puzzle: alla fine non si riesce a credere fino a che punto Springsteen era pronto a esplorare il sound e quanto lontano è arrivato.

Qual è stato il contributo di Springsteen durante la ricerca e la scelta dei materiali?

Bruce è stato coinvolto in pieno sin dal primo giorno. Per me è stato come fare un viaggio insieme a lui. Sono quasi dieci anni che collaboriamo insieme. Per questo progetto abbiamo analizzato ogni dettaglio e, nel nostro lavoro, io sono quello che si focalizza sulla maniera di raccontare la storia e lui si focalizza sulla musica. E poi ha avuto questa idea geniale di mostrarmi il suo quaderno di appunti magico, quello in cui annotava ogni idea o ogni singola modifica all’album. Una cosa che mi ha permesso di accedere pienamente a questa incredibile storia.

Springsteen tra Thom Zimny e Jon Landau al Festival di Roma

Che paragone può essere fatto tra il Bruce odierno e quello di allora?
Riconosco che la sua dedizione è rimasta intatta. Sono passati trent'anni e tantissimi altri progetti... e la sua passione è costante così come la sua intensità nel lavoro.  

Lei ha anche diretto il concerto a porte chiuse in cui Bruce e la E-Street Band eseguono tutte le canzoni di Darkness on the Edge of Town. Può parlarci di questa esperienza?
Dovete sapere che Bruce mi ha anche aiutato a trovare la giusta illuminazione per quell'evento. Tutto pur di catturare il tono psicologico delle canzoni. Prendiamo il brano ‘Badlands’, che di solito i fan non vedono l’ora di ascoltare per saltare davanti al palco. Per una volta lo vedete eseguito dal vivo senza audience e si sente un’energia diversa, una cosa da brivido molto vicina a quelle sessioni negli anni Settanta.

Springsteen e la E-Street Band a New York nel 2001

Com’è cominciata la sua collaborazione col Boss?
Tutto è cominciato nove anni fa con "Live in New York City". Dovete sapere che tutti i suoi show vengono filmati e lui guarda tanto i footage in cerca di qualcosa di particolarmente interessante. Negli ultimi anni abbiamo girato i video di "Jersey Devil" e "The Wrestler" e sono rimasto colpito da quanto Bruce sul set  capisca immediatamente la potenza dell’immagine. Per me è una grandissima cosa vedere l'energia e le emozioni che mette nei suoi progetti. Poi è arrivato “Live in Hyde Park”, uno show incredibile che lui stesso ha scelto: eravamo tutti colpiti dalla performance della banda e dalle luci di quella magica serata.

Da fan, c’è un canzone in particolare del repertorio springsteeniano che lei ama di più?
Non so rispondere a questa domanda, i miei brani preferiti cambiano... dipende del momento che sto vivendo. Certamente avendo lavorato tanto a Darkness, vi dico che l’intero album mi è entrato dentro. Ma non sarei in grado di focalizzarmi su un’unica track.

Springsteen durante il Working on a Dream Tour nel 2009

Certamente la gente spera anche in nuove sorprese e magari a nuovi approfondimenti su altri album. Cosa può dirci al riguardo?
Se accadrà spero di essere l’uomo a ricevere la chiamata di Bruce. Per il resto non so altro, tranne che con il Boss non si può mai sapere… 

Per saperne di più
Leggete il nostro incontro con Bruce Springsteen al Festival del Film di Roma
Le foto del Boss sul Red carpet
FILM E PERSONE