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Patricia Arquette: “Hollywood cambierà solo quando perderà soldi”

La vincitrice dell'Oscar per Boyhood incontra il pubblico a Taormina

Boyhood - Patricia Arquette

18.06.2015 - Autore: Marco Triolo (Nexta), da Taormina
Patricia Arquette sembra tesa all'incontro con il pubblico al Taormina Film Fest. Tiene lo sguardo sempre basso, praticamente si rivolge solo alla sua interprete come se dovesse essere lei a stabilire il contatto con la gente in sala al posto suo. Ma a poco a poco si scioglie e le sue risposte sono sempre puntuali: forse la sua è solo timidezza. Incredibile a dirsi per una che ormai da trent'anni calca i set di lavoro.

La conversazione con l'attrice, recente vincitrice di un Oscar per il suo ruolo in Boyhood di Richard Linklater, parte da un tema che sta molto a cuore al Festival e alla sua general manager Tiziana Rocca: la lotta delle donne per la parità dei diritti. “Di donne come la madre single che interpreto in Boyhood se ne incontrano tante oggi, anche se difficilmente vengono raccontate al cinema. Donne che sono costrette a cambiare casa, città e relazioni, sempre con l'idea di dare una sicurezza economica ai propri figli. Oggi il 50% delle famiglie americane è composto da madri single con figli a carico, il 70% nel caso delle famiglie afroamericane. E le donne non vengono pagate quanto gli uomini, altrimenti avremmo risolto molti problemi legati alla povertà”.

A proposito di Boyhood, ricorda: “Richard mi chiamò chiedendomi cosa avrei fatto nei seguenti dodici anni, una domanda davvero strana. Mi propose il film e da subito ho capito con tutta me stessa che lo volevo fare. Lui poi mi raccontò la storia del mio personaggio, che è rimasta invariata nel film finito. La struttura era già tutta in sceneggiatura, ma molte cose non le potevamo programmare. Sapevamo che doveva esserci una campagna presidenziale, ma non potevamo conoscere i candidati. Né potevamo prevedere lo scandalo dei mutui e il ruolo di internet nella società. Ma Richard sapeva già quale sarebbe stata l'inquadratura finale”. Boyhood è un film unico nel panorama mondiale, girato nel corso di dodici anni per una settimana all'anno: “Richard ci chiamava ogni anno un mese prima delle riprese per aggiornarci sui personaggi. 'I ragazzi quest'anno hanno questa età, il tuo personaggio ha attraversato questo e quest'altro', cose così. Ci mandava una mini-sceneggiatura e poi ci chiedeva se avevamo qualcosa da aggiungere, qualcosa che volevamo far dire ai nostri personaggi. Infine ci si trovava qualche giorno prima a provare, improvvisando, e poi si girava”.

Un progetto coraggioso, ma d'altro canto lei è abituata a prendersi i propri rischi nel mestiere: “Vengo da una famiglia coraggiosa, i miei hanno sempre preso rischi e mi hanno insegnato ad amare l'arte. Io non sognavo di fare l'attrice, per quanto bello sia stato. Il mio desiderio era fare l'artista”. E conclude con una ricetta per il ritorno alla forma di Hollywood, in un anno in cui i film indipendenti si sono fatti parecchio sentire agli Oscar (con i tre premi vinti da Whiplash). “Hollywood dovrebbe capire che il pubblico ha voglia di storie nuove e nuovi personaggi, ma loro lavorano così da tanti anni e non cambieranno rotta finché non cominceranno a perdere soldi”.
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