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L'intervista: John Knoll, da Photoshop a Star Wars

Il creatore del programma Adobe ci parla degli effetti speciali di Episode VII

Star Wars

28.10.2013 - Autore: Marco Triolo
“Il cuore di un bambino e la mente di uno scienziato”: questo è, nelle parole del regista Guillermo del Toro, John Knoll, creatore del programma per il design digitale Adobe Photoshop, nonché Chief Creative Officer della Industrial Light & Magic, la compagnia di effetti speciali fondata da George Lucas e legata per sempre al mito di Guerre stellari. Nel corso della VIEW Conference, la conferenza europea sulla cultura transmediale tenutasi a Torino dal 15 al 18 ottobre (durante la quale abbiamo anche intervistato Cody Cameron, regista di Piovono polpette 2), abbiamo avuto l'onore di raggiungere telefonicamente Knoll, con cui abbiamo discusso dei moderni effetti speciali al computer a confronto con quelli classici, del valore di un buon vecchio disegno a mano libera e, soprattutto, di cosa dobbiamo aspettarci dalla prossima trilogia di Star Wars...



È davvero un onore poter intervistare il creatore di Photoshop. E a proposito di questo, per iniziare vorrei farti una domanda un po' bizzarra: ti capita ancora di disegnare a mano libera su carta?
Beh, a volte è difficile spiegare un'idea senza disegnarla, perciò nel mio ufficio tengo una lavagna su cui faccio degli schizzi veloci che mi aiutino a comunicare ai miei collaboratori concetti o idee che le parole da sole non sarebbero in grado di esprimere. Personalmente, non faccio molti disegni artistici sul lavoro, ma occasionalmente dipingo su tela.

Stiamo vivendo una grande epoca per quanto riguarda il cinema fantastico, nella quale gli effetti speciali ci permettono di fare cose che vent'anni fa potevamo solamente sognare. Tuttavia, c'è una certa nostalgia diffusa per gli effetti speciali pratici di una volta. Io, ad esempio, credo che gli effetti al computer siano solo un altro strumento e che funzionino meglio quando mescolati con gli effetti pratici. Sei d'accordo?
Sì, sono d'accordo sul fatto che bisogna sempre usare i migliori strumenti del caso, e non sempre si tratta della computer graphic. Vedi ad esempio Star Wars - Episodio I: la gente pensa che sia tutta CG, ma in realtà è il più grande progetto di miniature mai realizzato, ci sono più miniature in quel film di qualunque altro prima di allora. Comunque non direi che la gente non ami la CG, più che altro non ama quella fatta male, perché quando è fatta davvero bene non la distingui dalle riprese dal vero.

A questo proposito, negli ultimi vent'anni abbiamo visto sia ottima che pessima CG. Penso ad esempio a The Abyss, progetto a cui hai lavorato con James Cameron, e Jurassic Park: ecco due casi di film i cui effetti non sono per nulla invecchiati. Qual è, secondo te, la ricetta per effetti senza tempo?
Innanzitutto ci vuole un bravo regista, che sappia davvero usare gli strumenti nel modo giusto per raccontare belle storie. Quando il pubblico è coinvolto da storia e personaggi, entra in gioco la sospensione dell'incredulità, che è più difficile da raggiungere con le storie raccontate meno bene. Un forte concept deve avere una buona esecuzione, mentre un brutto concept deve avere un'esecuzione perfetta per essere anche minimamente accettabile.



Parlando di te, Guillermo del Toro ha detto che hai “il cuore di un bambino e la mente di uno scienziato”. È importante per un artista che lavora nel tuo campo mantenere in vita quel bambino interiore?
Credo proprio di sì. Tenere in vita la propria parte infantile richiede una certa dedizione, passione e duro lavoro. Alcune delle persone con cui ho lavorato hanno fatto una grande carriera proprio grazie a questa dedizione. “La mente di uno scienziato”... Beh, sì, sono cresciuto in una famiglia di scienziati, sono affascinato da tecnologia e scienza e tento sempre di iniettare il realismo delle leggi fisiche in tutto quello che faccio.

Sarai coinvolto nei nuovi film di Star Wars?
Sarò coinvolto in quanto Chief Creative Officer di ILM, ma sarà Roger Guyett il supervisore degli effetti speciali di Episode VII.

Tornando alla trilogia prequel, cosa pensi di avere imparato da quell'esperienza?
In un certo senso, lavorare ai prequel è stato come racchiudere in soli nove anni le esperienze di un'intera carriera. Si tratta di alcuni dei più grandi effetti mai fatti prima di allora, George Lucas ci ha chiesto tantissimo per quello che era un progetto ultra-ambizioso, e per me ciascuno di quei film è stato un'enorme educazione. Da essi ho imparato principalmente a non temere mai i progetti giganti: ogni problema, anche il più grande, può essere risolto spezzettandolo in problemi più piccoli.

Quale sarà il vostro approccio alla prossima trilogia?
Quando uscì il primo Guerre stellari avevo quattordici anni e, inutile dirlo, quel film ha cambiato il mio punto di vista sul cinema e le mie ambizioni lavorative. Ma quello che lo rendeva unico e migliore di tutto quello che era uscito prima era l'assoluta credibilità degli effetti speciali. Se guardiamo La fuga di Logan, uscito l'anno prima e vincitore di un Oscar per gli effetti speciali, vediamo che essi non sono invecchiati tanto bene. Al contrario, in Star Wars la combinazione di esecuzione e design donò al film grande realismo. Pensiamo al Sandcrawler (il veicolo usato dai Jawa all'inizio del film, ndr): il modo in cui era fatto – mescolando alla perfezione la miniatura per i campi lunghi e il set per le immagini ravvicinate – lo rendeva un oggetto credibile, realmente esistente in quel mondo. Il nostro obbiettivo è proprio tornare a quel realismo.