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Liev Schreiber: “Mira Nair dirige come cucina”

Abbiamo incontrato il co-protagonista de Il fondamentalista riluttante

Il fondamentalista riluttante Liev Schreiber

12.06.2013 - Autore: Marco Triolo
“Credo che lo scisma tra Oriente e Occidente sia rafforzato in parte dai media, ma ci sono problemi che devono essere discussi e approcciati con mentalità aperta. Penso che sia questa l'intenzione di Mira con questo film: iniziare una conversazione che possa rimarginare le ferite e creare un ponte tra culture”. Parola di Liev Schreiber, tra i protagonisti de Il fondamentalista riluttante, ultimo film di Mira Nair, tratto dal romanzo di Mohsin Hamid, presentato allo scorso Festival di Venezia e finalmente in arrivo nelle sale italiane.

Nel film, Riz Ahmed interpreta Changez, giovane pakistano dal promettente futuro a Wall Street, la cui crisi d'identità lo trascina in un viaggio alla scoperta di sé e delle sue radici, fino a simpatizzare per l'estremismo islamico. Schreiber è Bobby Lincoln, giornalista americano dalla doppia faccia che intervista Changez per scoprire i suoi segreti. Abbiamo incontrato l'attore a Venezia: a seguire, la nostra intervista. Un avviso, però: contiene alcuni lievi spoiler sul film.



Il tuo personaggio sembra ascoltare ma non capire davvero il punto di vista di Changez, come se si fosse già fatto un'opinione a priori...
Spero che non sia così. Certamente, Bobby incontra Changez con uno scopo preciso, ha un amico che è stato rapito e teme per la sua vita, quindi prima otterrà le informazioni che cerca, prima potrà aiutarlo. Credo che Bobby inizi la conversazione con questo scopo, ma con il procedere del racconto viene toccato dal senso di alienazione di Changez. Quando ho cominciato a pensare a Bobby, mi sono chiesto come possa essere l'esistenza di un giornalista isolato in un paese non suo. Una cosa è andare a svolgere un incarico per una settimana, o un mese, ma se passi la vita lontano dalla tua famiglia cominci a sentirti isolato e ostracizzato. E improvvisamente, Bobby entra in contatto con un personaggio che sembra accettarlo a un livello umano di base. I problemi di Bobby rispecchiano la ricerca di una patria di Changez, e in un certo senso di sé stesso.

Come pensi che il pubblico americano recepirà questo film? Credi che possano essere aperti a questo diverso punto di vista?
Durante la conferenza stampa, Mohsin Hamid ha detto una cosa molto intelligente: non esiste un'opinione americana “generale”. Una delle cose di cui sono davvero fiero come americano è la varietà del mio paese e credo che ci saranno reazioni molto diverse al film. Molta gente tende a identificare gli americani con il nostro esercito o le corporazioni, ma sarebbe un errore sottostimare la diversità culturale dell'America. Dopo tutto è una nazione di immigrati, non esiste qualcosa come un “americano”, in un certo senso.

Quanto input hai avuto nel delineare il tuo personaggio?
Molto, perché il libro è un monologo di Changez, il personaggio americano praticamente non esiste. Abbiamo dovuto inventare il personaggio di Bobby e Mira è stata molto generosa nel processo, mi ha lasciato partecipare alla scrittura. È stata una lavorazione difficile, giravamo per dodici ore al giorno e poi lavoravamo di notte, lo script era in costante evoluzione. Ma è stata anche una bella soddisfazione.

Come è andata la collaborazione con Mira?
La ragione per cui ho fatto il film è perché lei me l'ha chiesto. Sono un suo fan, Mira è una persona notevole, c'è qualcosa di sensuale in lei e ha la migliore qualità per un artista, l'indulgenza. È anche una cuoca straordinaria, e così sono i suoi film: deliziosi, indulgenti e realizzati molto meticolosamente. È così che mi ha convinto a fare il film: mi ha invitato a cena!



Ti ricordi dove ti trovavi l'11 settembre 2001?
Ero a Los Angeles per lavoro, mi sono svegliato presto la mattina, ho visto il telegiornale e sono corso all'aeroporto a prendere il primo volo per tornare a New York. Ironia della sorte, per quanto sia stato orribile l'11 settembre, ho dei ricordi bellissimi del mio rientro a New York. Non ero mai stato così felice di essere a casa e mentre camminavo per le strade ho visto succedere una cosa che non era mai accaduta prima e non è più accaduta da allora: i newyorchesi si guardavano in faccia, si salutavano e chiedevano l'uno all'altro “Come va?”. New York è un luogo molto frenetico, non c'è tempo per queste cose, ma allora sembrava che il tempo si fosse rallentato. Per qualche mese ci siamo ricordati della comunità intorno a noi ed è stata una sensazione molto intima. La gente si offriva volontaria per andare a Ground Zero a portare biscotti, torte e altro cibo ai pompieri, e metteva fiori fuori dalle stazioni dei vigili del fuoco. La cosa più strana è che alcuni si fermavano all'esterno delle stazioni e le fissavano senza parlare, non provavano ad avvicinare i pompieri, se ne stavano solo per ore a guardare. Credo che sia stato un momento molto potente a New York ed è così che lo ricordo.

La musica ha un ruolo molto importante nel film. Hai ascoltato musica pakistana per ispirarti?
Mira mi ha mandato dei brani da ascoltare circa tre settimane prima che iniziassimo le riprese, sia musica pakistana contemporanea che tradizionale. Quello è stato il primo passo nel capire perché il mio personaggio desiderasse tanto far parte di quella cultura. C'è una scena in cui Bobby fuma hashish sul tetto e guarda un ragazzino far volare un aquilone. In quel momento si capisce che lui non appartiene a quel luogo, anche se sta tentando disperatamente di integrarsi. Come se con la droga volesse lasciare alle spalle il pensiero dogmatico occidentale e aprire la mente a una nuova esperienza.

Sembri essere molto interessato a personaggi con una doppia identità, da Wolverine ad Al vertice della tensione, a Manchurian Candidate. Cosa ti attira a questi ruoli?
Sono divertenti! Se hai la possibilità di interpretare due personaggi, perché accontentarsi di uno?

Come ti senti a guardare i film in cui hai recitato?
Mentre li faccio mi piace guardare il girato, per vedere se ci sono cose che posso sistemare. Dopo, non mi dispiace, ma è un po' fastidioso perché non puoi più controllare la tua performance. Una volta che il film è scolpito nella pietra c'è qualcosa di deprimente, vorrei poterlo cambiare. Per questo mi piace molto il teatro, è vivo, in continuo mutamento, non dai mai la stessa interpretazione.

Il fondamentalista riluttante è distribuito in Italia da Eagle Pictures. Qui la nostra recensione da Venezia.