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James Mangold: "Il mio Wolverine come l'ispettore Callaghan"

Intervista esclusiva al regista di Wolverine: L'immortale, il nuovo spin-off sul mutante Marvel

26.06.2013 - Autore: Adriano Ercolani
In materia di supereroi, il nuovo lungometraggio dedicato a Wolverine è uno dei titoli più "caldi" dell'estate cinematografica. Dopo la delusione dello spin-off diretto da Gavin Hood nel 2009, Wolverine: L'immortale è passato a un cineasta di sicuro affidamento, James Mangold. Lo abbiamo incontrato a Los Angeles, nel suo studio personale alla Fox, dove ci ha parlato in anteprima di come ha impostato il suo blockbuster.



Partiamo dal principio. Come si è avvicinato a questo progetto?
All'inizio non ne ero attratto, sono stato molto esitante. Non volevo entrare in un mondo a cui, salvo alcune grandi eccezioni, non ero interessato. Pochi film di supereroi mi sono veramente piaciuti. Alla fine quello che mi ha convinto è lo stesso fattore che mi ha spinto a fare tutti i miei film: avevo a disposizione un buon personaggio. Ci siamo trovati d'accordo con la Fox che bisognava fare qualcosa di differente. Fin da subito mi sono imposto sulla specificità dell'ambientazione, sulla sua unicità: Wolverine è un film che poteva essere ambientato solo in Giappone. Il concept di Logan catapultato in questo mondo a lui sconosciuto è stata la ventata d'aria fresca che cercavamo tutti, che ci permetteva di creare un tono specifico per il film, e che lo avrebbe connesso ma che allo stesso tempo lo avrebbe reso autonomo dagli altri film in cui l'eroe compare.

Come mai non avete sfruttato l'idea della memoria perduta di Logan?
L'amnesia di Wolverine non mi sembrava un buon punto di partenza per costruire una storia solida. Potevamo scegliere di seguire quella strada o lavorare sul peso del suo passato, e abbiamo scelto quest'ultimo. Funzionava meglio lavorare con quello che Logan ricordava e che lo faceva soffrire.

Leggeva i fumetti degli X-Men?
Ero un fan di Wolverine fin da bambino, quello che mi ha sempre affascinato di lui è che un eroe molto vicino all'essere umano: non può volare o spostare le cose con la mente. Soffre, combatte, cade al suolo come faremmo noi. E' una persona interiormente danneggiata, quasi rifiuta il fardello interiore che deve portare. E' un cane bastonato, si sono approfittati di lui e l'hanno manipolato, torturato.



Dove il suo Wolverine è diverso dal precedente?
Hugh e io abbiamo fatto qualcosa di più profondo. Tutti conoscono Wolverine, tutti sanno la sua storia, non abbiamo dovuto spiegarlo. E' un po' come l'Henry Callaghan di Clint Eastwood, non ci si chiede da dove viene ma si ammira quello che fa. Di Logan mi piaceva anche l'idea della sua immortalità, del fatto che ad esempio potesse innamorarsi e vedere le sue amate morire ogni volta. C'è una grande tragicità in questo, l'immortalità si tramuta in un dolore insostenibile, il suo potere diventa un fardello invece che un dono.

Dobbiamo quindi aspettarci un Logan più vulnerabile?
Nessuno è invulnerabile. Funziona soprattutto con i supereroi, perché devi mostrare il punto debole in cui vengono colpiti. Gli affetti ad esempio. Penso al Cavaliere oscuro o al primo Superman. Nessuno è veramente intoccabile. Questi film sono incredibilmente simili ad alcune parabole religiose, dove i protagonisti per provare la loro fede o il loro valore vengono messi alla prova, colpiti dove sono duole loro maggiormente.

A distanza di dodici anni da Kate e Leopold è tornato a lavorare con Hugh Jackman. L'ha trovato cambiato?
No, né è cambiato il mio modo di lavorare con lui. E' passato del tempo, la realtà è che adesso lui è un attore migliore di dodici anni fa, e io penso di avere imparato altre due o tre cose sul mio mestiere. Il tono e il film è diverso, ma non si è alterato il divertimento sul set. Abbiamo sistemato ciò che volevamo, avevamo idee molto precise sui nostri obiettivi. Lo Studio ci ha supportato al 100%.

Ha girato direttamente in 3D o lo avete convertito in post-produzione?
E' stato aggiunto in postproduzione. Ma questo non vuol dire che sia peggiore, abbiamo lavorato fin dall'inizio sul fatto che il film sarebbe stato in 3D. Per me la questione non esiste veramente, perché il 3D è tutto fittizio, non ne esiste uno vero e un altro fasullo. Perché, Avatar era un mondo vero? La domanda è mal posta, anche quando giri con due camere per il 3D devi fare degli aggiustamenti. Entrambi i modi di realizzarlo possono venire bene o male. L'importante per me era fare un film pieno di sostanza e di rapporti umani, il resto è pura speculazione. Comunque, posso garantirvi che in ogni caso il 3D viene aggiustato in postproduzione. Penso che un uso sbagliato del 3D possa far uscire lo spettatore dall'enfasi del film. Io detesto qualsiasi cosa rompa il rapporto tra pubblico e spettacolo.



La spaventa il giudizio di tutti i sostenitori del fumetto?
I fan non mi spaventano, li trovo assolutamente intelligenti. Mi piace rendere la gente curiosa e coinvolgerla nelle fasi del mio lavoro. Quello che non trovo invece divertente è quando vogliono sapere le cose in anticipo e poi magari se la prendono perché rimangono delusi. Sono come i bambini che vogliono scartare i regali di Natale e poi si lamentano di aver ricevuto la bicicletta invece dello skateboard quando avevano chiesto entrambe. Rispetto il loro parere ma alla fine è il mio quello che ascolto di più. Se sento di aver fatto il meglio che posso, inseguendo i miei obiettivi invece che quelli commerciali o di marketing, io sono soddisfatto.

Lei è un cineasta piuttosto eclettico, che ha esplorato molti generi. Perché adesso ha scelto il fantasy?
Nel mio lavoro si devono fare delle scelte, e non mi spaventano. Mi piace fare film diversi tra loro, percorrere nuove strade e imparare cose nuove. Questo all'inizio mi creava dei problemi, perché l'establishment non riusciva a catalogarmi, a inserirmi in un contesto produttivo. Però sono contento delle scelte che ho fatto, adesso ho una libertà che altri non hanno. Ho fatto western, musical, thriller, adesso un superhero-movie e chissà cosa mi riserverà il futuro. La gente divide i film in categorie: western, film di guerra, action ecc. Quando ci lavori dentro in realtà funzionano secondo meccanismi molto simili. Alcuni temi sono sempre funzionali: la lotta, il discorso morale, buono e cattivo.  Quindi bisogna che un film funzioni a prescindere da quale genere abbracci. Per me un film funziona principalmente se ti interessi dei personaggi che ci sono dentro, a prescindere se è un film di fantascienza o altro. Ripeto: dipingere Logan come un eroe ferito, danneggiato era la cosa più importante. A me interessava fare un film che funzionasse per la storia, non come capitolo di una saga.

Da come parla sembra uno che si emoziona spesso al cinema...
L'ultima volta che mi sono emozionato è quando tempo fa ho visto un episodio de Il trono di spade in TV, nella scena in cui viene tagliata la mano a Jaime Lannister. Mi ha scioccato. Ma non è stato il trucco, quanto piuttosto l'emozione del trauma provocato al personaggio, alla sua vanità e alla sua baldanza. Questo intendo per emozione.



Wolverine: L'immortale, in uscita il 25 luglio, è distribuito dalla 20th Century Fox.