NOTIZIE

Jackman e Gyllenhaal a Toronto, compagni prigionieri

In Prisoners sono protagonisti di un confronto teso come la storia che raccontano e che han raccontato al Festival di Toronto

Jackman e Gyllenhaal a Toronto<br>

09.09.2013 - Autore: Mattia Pasquini
Non e' indifferente il rischio che si e' preso Denis Villeneuve nel realizzare il suo primo film statunitense. Questo film. Ma dopo lo splendido La donna che canta il bonus di credibilita' e di onesta' intellettuale non era da poco…
Un thriller come questo Prisoners, infatti, comportava il sicuro traino emotivo di una storia di possibili violenze su minori (due deliziose bambine, una bianca e una nera), che ha spesso fatto la fortuna di film anche recenti come La caccia, ma anche il rischio di una platea molto piu' ampia, soprattutto per la presenza nel cast di Hugh Jackman - come principale protagonista - e di Jake Gyllenaal, sua controparte e che insieme a Villeneuve e' impegnato a presentare al Festival di Toronto anche il thriller erotico Enemy (secondo film statunitense del regista canadese).

E lo stesso cast (che comprende anche Terrence Howard, Maria Bello e un inquietante Paul Dano) sembra aver molto apprezzato il tipo di direzione ricevuta, potremmo dire comunitaria… "E' stato molto generoso ad integrare le idee che avevamo nella storia, ci ha incoraggiati a farlo, senza rifiutarne nessuna, ascolntandoci con intensita'. In una vicenda come questa ci sono molti livelli, magari non li ami tutti, ma sono perfetti per la storia" dice Gyllenhaal dell'amico Denis, che descrive come "ossessionato dai temi del film, un numero di elementi che lo stimolano intellettualmente e emotivamente e che sceglie, seguendoli poi in tutto lo sviluppo del film".
"Sarebbe stato un thriller molto piu' generico, se non fosse stato cosi'", gli fa eco Hugh Jackman, padre disperato di una delle due piccole scomparse, e pronto a tutto per recuperarla, anche a mettere in discussione la propria umanita'… Oltre ad averne apprezzato "l'ambiguita' morale dello script", e' lui a dirsi convinto che Denis abbia elevato una storia come questa a un livello psicologico talmente complesso da far si' che resti con gli spettatori a lungo.

"Ricordo di aver visto il film con mia moglie e lei ha passato tutta la prima ora tenendomi la mano, tanto stretta da lasciarmi i segni", ha raccontato Jackman, "ma a un certo punto del film ha smesso e ha tolto la sua mano dalla mia. Credo che si sia sentita a disagio…". Ed e' comprensibile vedendo a quali eccessi il nostro Hugh porta la rappresentazione del suo Keller Dover, estremo e in crescendo, via via che l'intreccio si complica. E diventa sempre piu' oscuro. Forse perche' nasce dalle "due piu' grandi paure" dell'autore della sceneggiatura Aaron Guzikowski: "perdere cose e sentirmi perso".
"Ho solo seguito la script, tutto il thriller e i personaggi sono colpa di Aaron Guzikowski", conferma il regista. Ma a questo punto anche la critica principale che resta dopo la visione di un dramma molto forte e ricco sia di livelli interpretativi sia di possibilita' di immedesimarsi o empatizzare con quel che si vede.
E' proprio dalla scrittura della parte di Jake Gyllenhaal, il Detective Loki, che emergono le perplessita' maggiori. Soprattutto per una serie di comportamenti o decisioni apparentemente insensate, per il ruolo di cui si parla e le situazioni nelle quali si trova.

Sicuramente sono 'falle' necessarie al proseguimento dell'azione, ma questo non toglie che abbassino un giudizio complessivo molto positivo, per il resto, anche grazie a delle interpretazioni di tutti gli interpreti (Gyllenhaal incluso, non si fraintenda) sopra la media. Decisamente. Capaci di restituire "performances di cuore", secondo quel che dice Jackman, proprio perche' coinvolti in un "film coraggioso, che forza i limiti del genere".
"Un film duro da vedere", continua l'attore, aiutato nel suo gravoso compito dalla "famiglia creatasi sul set durante la realizzazione" e dalla "responsabilita' di rendere un tema del genere con rispetto, senza glorificare nessuno ne' assecondare le aspettative del pubblico, ma solo seguendo la realta'…".