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Intervista: Taylor Kitsch va alla guerra

Il nostro incontro con il protagonista di Lone Survivor e Friday Night Lights

Lone Survivor - Taylor Kitsch

31.12.2013 - Autore: Adriano Ercolani, da New York
Nonostante il cinema non l’abbia ancora del tutto “scoperto” e valorizzato, Taylor Kitsch ha comunque un notevole seguito di fan. Merito è senz’altro della serie TV di culto Friday Night Lights, in cui interpretava il bello e travagliato Tim Riggins, difensore di poche parole ma dallo sguardo irresistibile. Se il bello e incompreso John Carter e i più discutibili Le belve e Battleship non sono stati esattamente dei successi cinematografici, l’occasione giusta potrebbe arrivare adesso con Lone Survivor. La storia (vera) è quella di quattro NAVY Seals che nel 2005, dopo una difficile scelta etica, si sono trovati circondati da un esercito di talebani sulle montagne dell’Afghanistan. Ecco la chiacchierata con Taylor sulla sua nuova collaborazione con Peter Perg.

E’ proprio dal regista che Kitsch vuole partire…
Con Peter ci conosciamo da ormai quasi dieci anni, è stato lui a credere in me e scegliermi per Friday Night Lights; il nostro rapporto da professionale pian piano si è trasformato in vera amicizia. Conoscersi meglio ha aumentato la fiducia nelle rispettive capacità e la sensazione che ognuno dei due potesse sostenere l’altro, sia davanti che dietro la macchina da presa. Lone Survivor ci ha proposto una sfida dall’intensità fino a ora mai provata, Peter è il tipo di uomo che vuoi intorno quando affronti momenti umani e professionali di questo spessore, perché sai che porterà il suo compito a termine con la massima efficacia di cui è capace. E’ uno che sul set non riesce proprio a risparmiarsi.



Lone Survivor ha proposto una lavorazione piuttosto complicata, soprattutto nelle scene girate nelle montagne del New Mexico…
E’ stata un’esperienza piuttosto dura, ma essendo una troupe molto unita ci siamo fatti forza a vicenda. Prendevamo ogni giorno una funivia per arrivare a quattromila metri d’altezza, dove rimanevamo totalmente isolati dal resto del mondo. Affrontavamo tutte queste sfide insieme, si è creato un forte senso di attaccamento l’uno all’altro, che poi era ciò che serviva per sviluppare il tono del film. Ogni componente del cast, sia noi attori che i tecnici, era focalizzato sull’ottenere lo stesso tipo di risultato, quello che poi siamo riusciti a produrre durante le riprese: raccontare una storia più grande di ognuno di noi. E’ stato un onore interpretare uno di quei soldati, ho fatto tutto quanto era nelle mie possibilità per rendergli merito.

Come ha lavorato con Marcus Luttrell (il soldato scampato alla battaglia e autore del libro da cui il film è tratto) per delineare la figura del suo personaggio?
Prima di tutto ho cercato di creare un contatto umano con lui. Per me era fondamentale ascoltare la storia di Marcus dal vivo e poter collaborare con lui. Mi sono potuto avvicinare anche alla famiglia di Michael Murphy, che vive in Texas, ho potuto parlare con loro del mio personaggio e lavorare sui loro ricordi personali. E’ stato toccante oltre che molto utile per la definizione del carattere.



Il film racconta che in momenti di pericolo si devono prendere decisioni che possono cambiare una vita. Cosa pensa a riguardo?
Quello che si chiede a soldati come i quattro protagonisti di Lone Survivor prima di tutto è prendersi grandi responsabilità, scelte che possono salvaguardare il singolo individuo e conseguentemente la comunità. Personalmente non so dirti cosa avrei fatto io al posto del vero Michael Murphy, posso dire però che a differenza di Michael non sono abbastanza forte da trovarmi in quella posizione, mentre lui lo era.

Lei che è canadese com’è riuscito a entrare in sintonia con un film profondamente americano nell’idea di base?
In storie come questa non c’entrano la nazionalità o la politica, il discorso di un soldato soldato è: “Noi non scegliamo le guerre né le cominciamo. Noi le combattiamo.” E’ di questo che Lone Survivor parla, della fratellanza tra quattro uomini addestrati che si trovano a combattere contro un numero di nemici enormemente superiore. Questo può essere un discorso comune a canadesi, australiani, olandesi, è universale come messaggio. E’ un valore per chiunque sia disposto ad appoggiare ciò che i soldati fanno per proteggere noi, singoli individui. Io credo che il guerriero non sia la guerra.

In uscita il 20 febbraio, Lone Survivor è distribuito in Italia da Universal. Qui la nostra recensione.